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Uno degli obiettivi del Next Generation EU, e quindi anche del PNRR italiano, è quello di una transizione ecologica per conseguire, attraverso l’uso di fonti rinnovabili, la neutralità climatica entro il 2050. Tuttavia, in questi mesi, la situazione è abbastanza critica.

L’enorme rincaro dei prezzi delle principali utilities è dovuto principalmente a uno squilibrio fra l’incremento della domanda, spinta dalla ripresa post-pandemia, e l’offerta stagnante che non ha reagito con elasticità. In particolare, i freni dal lato produzione sono dovuti principalmente a:

  • Una riduzione dell’offerta globale di gas naturale
  • Numerosi colli di bottiglia per la produzione di energie rinnovabili
  • Turbine rallentate a causa della scarsa velocità dei venti

Tutti questi elementi hanno fatto schizzare i prezzi dell’energia elettrica. In Italia, nel mese di ottobre, ci si attende un considerevole aumento della bolletta per luce e gas.

Le ragioni della caduta dell’offerta

Solitamente, per quanto riguarda l’Europa, negli ultimi mesi dell’estate si tende ad aumentare le scorte di gas naturale in preparazione dell’inverno. Tuttavia, l’ultimo inverno è stato insolitamente freddo e i siti di stoccaggio si sono svuotati rapidamente. Di conseguenza, l’offerta di gas proveniente dalla Russia e dalla Norvegia si è ridotta per permettere a questi Paesi di disporre di sufficienti rimanenze interne.

In aggiunta, per incentivare le importazioni dalla Cina, che sta accumulando risorse energetiche per l’inverno, i prezzi del gas naturale dovrebbero ancora aumentare in Europa. E questo fenomeno potrebbe spingere ancora in alto l’inflazione.

Andamento delle quotazioni delle materie prime energetiche

I freni all’offerta hanno permesso ai prezzi delle utilities di crescere smisuratamente negli ultimi tempi. Nel grafico è riportata l’evoluzione delle quotazioni degli indici Bloomberg delle principali materie prime energetiche da inizio 2021 e su base annua.

Rendimenti indici utilities
Rendimenti indici utilities Fonte Circoloinvestitori.it

Le conseguenze sulle bollette

Immagazzinare energia non è un processo semplice. Inoltre, circa il 23% dell’intera elettricità europea deriva dal gas naturale mentre il 26% da fonti nucleari. In aggiunta, gran parte di questa utility è importata dall’estero. Di conseguenza, i rincari dei prezzi di queste materie prime si riflettono direttamente sui costi delle bollette.

D’altronde, le batterie a grande capienza sono ancora in fase di sviluppo e potrebbero volerci ancora anni prima che possano fungere da scorta di energie rinnovabili.

Nel seguente grafico possiamo notare come i prezzi per l’energia, sia dal lato consumatori che produttori, siano ai massimi storici per quanto riguarda l’Europa e l’Italia.

Inflazione energetica italiana e europea. Fonte: FRED
Inflazione energetica italiana e europea. Fonte: FRED

Il caso italiano

In Italia, se il governo non interverrà per calmierare i prezzi o l’Arera non toglierà alcune spese fisse di listino, dal primo di ottobre potremmo dover sopportare un rincaro nell’ordine del 30%-40% sulle bollette.

D’altronde, più di metà della nostra energia è derivata da centrali alimentate a metano. In particolare, se il metano scambiava a circa 25 euro per mille chilowattora nel 2020 ora quota circa 55 euro.

 All’aumento dei prezzi di questa commodity bisogna anche aggiungere gli enormi costi traslati sui cittadini, pari a circa 12 miliardi all’anno, che le imprese addebitano per la transizione verso fonti rinnovabili. Di fatto, i costi degli ETS, quote di emissioni che le imprese pagano per tonnellata di C02 emessa, sono incrementati di più del 100% rispetto all’anno scorso. E la componente di anidride carbonica peserà per il 25% sul rincaro bollette.

D’altro canto, sia le fonti non fossili sia il nucleare, che non emettono C02, sono ancora scarse rispetto alla domanda per poter sostituire rapidamente le utilities più inquinanti.

Come difendersi?

Da investitori, una possibile strategia per difendersi dal rincaro delle materie prime energetiche potrebbe essere quella di rivolgersi alle società energetiche o, se si vuole diversificare maggiormente il rischio specifico, ci si potrebbe indirizzare verso ETF che replicano un indice composto da aziende del settore, come ad esempio:

Lyxor Ucits Etf Stx Eu 600 Utilities [ISIN: LU1834988864] : è un ETF in euro ad accumulazione che replica lo STOXX Europe 600 Utilities Net Return EUR, il quale racchiude le prime 600 società europee di utility per capitalizzazione. Il TER è dello 0,3% annuo.

Db X-Tra Msci Wld Utilities Ucits Etf Dr [ISIN: IE00BM67HQ30] : l’ETF in dollari ad accumulazione replica passivamente l’MSCI World Utilities Total Return Net index, il quale comprende le principali 90 società globali nel settore delle utility. Il TER annuo è dello 0,25%.

Conclusioni

Lo scenario per il prossimo futuro non è dei più rassicuranti. Molti studi concordano che l’aumento dei prezzi di energia e gas si protrarrà almeno fino al 2023 a causa della scarsità dell’offerta.

Di contro, il Ministro Cingolani si è recentemente espresso a favore dei consumatori, comunicando che verranno presi provvedimenti per attenuare gli effetti dell’inflazione importata sui prezzi delle bollette.

Tuttavia, se gli interventi governativi non fossero sufficienti, da investitori ci sarebbe sempre una strategia per difendersi dal rincaro delle materie prime energetiche. Più nello specifico, se il rialzo dei tassi non si concretizzasse immediatamente e la ripresa dalla pandemia continuasse a questo ritmo, buone soluzioni potrebbero essere quelle di investire in ottica di medio-lungo termine sulle utility.

Buon Circoloinvestitori.it

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L'articolo che hai appena letto è stato scritto da Marco Buonafede. Esperto di economia e finanza, ha collaborato con numerose testate giornalistiche prima di approdare a RendimentoFondi. Laureato in economia all'Università di Torino e laureato in Finanza con Lode alla Luiss Guido Carli di Roma. Dal 2022 è iscritto all'albo dei Consulenti Finanziari Indipendenti con matricola n.629663.

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