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Benchmark e stili dei fondi comuni di investimento

Come funzionano i fondi comuni di investimento? Il loro benchmark ha lo stesso ruolo di quello per gli ETF? Con quali stili si concretizza la loro gestione attiva? Scopriamolo insieme in questa terza lezione del corso sui fondi comuni di investimento.

Nei precedenti articoli del corso “Come investire in fondi comuni di investimento” abbiamo visto:

  1. Che cosa sono i fondi comuni di investimento
  2. Cosa sono le classi di azioni sui fondi comuni

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IL RUOLO DEL BENCHMARK PER I FONDI COMUNI

Il benchmark, o indice di riferimento di un fondo comune, è un parametro che serve a comparare le performance del portafoglio del fondo con quelle del mercato e per valutare il rischio assunto del gestore per conseguire il rendimento del suo portafoglio.

Infatti, il benchmark è solitamente un indice ampiamente diversificato e che racchiude asset con caratteristiche simili. Tale componente è talmente indispensabile per la tutela dell’investitore che anche il nostro Testo Unico della Finanza (TUF) impone a tutti i fondi di dichiarare pubblicamente il proprio benchmark di riferimento e di mostrare periodicamente le performance di confronto con esso.

Il benchmark può anche essere un portafoglio di riferimento, e non solo un singolo indice, e questa situazione si verifica quando il parametro di comparazione è costituito da porzioni di indici che rappresentano differenti mercati, caso molto frequente nei portafogli di fondi comuni che investono in molteplici asset class.

L’obiettivo del benchmark è quindi quello di offrire in modo immediato il risultato del confronto fra la performance ottenuta dal gestore e quella che ha restituito il mercato di riferimento. Per fare in modo che questo confronto sia significativo, il benchmark deve essere:

  • Rappresentativo: il benchmark deve essere rappresentativo dei titoli inclusi nel portafoglio del fondo comune di investimento. A titolo di esempio, se un fondo investe in azioni ad alta capitalizzazione dell’Eurozona, un benchmark composto da obbligazioni sovrane asiatiche chiaramente non può essere rappresentativo, mentre lo è sicuramente l’EuroStoxx 50.
  • Trasparente: L’indice di confronto deve essere costruito con regole chiare e facilmente replicabili dall’investitore, in modo da non lasciare spazio a incomprensioni su quali titoli potrebbero essere inclusi o esclusi dal benchmark. Per esempio, un benchmark che può includere solo titoli con capitalizzazione superiore a 2,5 miliardi di dollari è trasparente su questa condizione di costruzione, più di un indice di riferimento che cita di incorporare solo quelle società ad “alta” capitalizzazione.
  • Replicabile: il parametro di riferimento dovrebbe essere costituito esclusivamente da attività direttamente acquistabili dall’investitore sul mercato o al limite tramite la combinazione di contratti derivati.

Sebbene le caratteristiche elencate finora siano comuni a tutti i benchmark di mercato, il significato dell’indice di riferimento è profondamente diverso quando accostato agli ETF quotati o ai fondi comuni di investimento.

D’altronde, per gli ETF a gestione passiva, il benchmark funge da parametro di ancoraggio. In altri termini il gestore dell’ETF cerca di replicare, sinteticamente o fisicamente, il più fedelmente possibile la composizione dell’indice di riferimento.

Per conoscere le finalità del benchmark per l’Exchange Traded Fund ti rimando al corso su questi prodotti a gestione passiva che RendimentoFondi sta portando avanti in parallelo. Essendo questa la seconda lezione sui fondi comuni di investimento, nel prossimo paragrafo approfondiremo gli obiettivi del parametro di confronto per questi prodotti a gestione attiva.

IL BENCHMARK DEI FONDI COMUNI DI INVESTIMENTO

I fondi comuni di investimento, data la loro politica di gestione attiva, non puntano a replicare la composizione del benchmark ma a sovra-performare l’indice di riferimento prescelto. Di conseguenza, l’indice di confronto comunicato dal gestore potrà discostarsi anche di molto dal portafoglio del fondo comune di investimento e anche la numerosità dei titoli ai quali il gestore è esposto è di norma molto inferiore a quella di tutte le componenti del benchmark.

Infatti, attraverso lo stock picking e il market timing, concetti affrontati nella prima lezione del corso, il team di gestione del fondo, a seconda delle previsioni sul ciclo economico e degli output restituiti dai modelli di analisi finanziaria interni, potrebbe:

  • Includere in portafoglio alcuni titoli o asset class non presenti nel benchmark in quanto li ritiene sottovalutati e in grado di restituire rendimenti in crescita nel futuro
  • Non includere alcuni titoli che compongono l’indice di riferimento in quanto il loro prezzo viene valutato troppo alto rispetto al loro fair value stimato dal team di investimento
  • Entrare in una vendita short, se la politica del fondo lo prevede, per quegli asset che il gestore ritiene sopravvalutati dalle quotazioni di mercato
  • Esporsi a leva long o short su una o più asset class
  • Variare, anche frequentemente, le percentuali o i pesi con i quali i titoli, presenti anche nel benchmark, sono inclusi nel portafoglio del fondo comune di investimento

Attraverso queste decisioni di gestione attiva, che concretamente discendono dai risultati ottenuti dai diversi stili di investimento dei fondi che saranno presentati nel prossimo paragrafo, il gestore cerca sistematicamente di ottenere ritorni superiori a quelli che il mercato nel complesso è in grado di offrire.

CONFRONTO FRA IL BENCHMARK E IL PORTAFOGLIO DI UN FONDO COMUNE DI INVESTIMENTO

Dal momento che la politica attiva del fondo comune è per natura flessibile e, di conseguenza, la composizione del portafoglio del quale si sono sottoscritte le quote potrebbe variare con alta frequenza, il benchmark ha diverse utilità fondamentali per l’investitore di un fondo comune di investimento:

  • Rischio: sulla base del benchmark dichiarato dal gestore, l’investitore può crearsi con buona approssimazione un’idea specifica della volatilità che dovrà sopportare sottoscrivendo le quote del fondo comune di investimento
  • Rendimento: l’indice di riferimento scelto dal gestore può dare al risparmiatore un confronto immediato sulla performance che il fondo comune di investimento ha fatto registrare, in modo da giudicare in modo oggettivo se la politica di investimento è stata in grado di superare i ritorni del mercato.

Sul piano quantitativo, il risparmiatore ha a disposizione alcuni indicatori fondamentali, normalmente pubblicati dalle case di gestione o calcolabili autonomamente, che in un unico valore riassumono la bontà del fondo.

Infatti, come vedremo nel dettaglio nella quarta lezione, indici come il tracking error, la tracking error volatility, il Beta del CAPM, l’information ratio o l’alpha di Jensen ci permettono di capire immediatamente se e in quale misura il fondo è stato in grado di battere il benchmark e con quale grado di rischio.

Prima di concludere questo paragrafo, ci teniamo a sottolineare che per ottenere un confronto significativo e coerente fra le performance del fondo e quelle dell’indice di riferimento è necessario tenere a mente i seguenti concetti:

  • Arco temporale: per operare un confronto è necessario considerare un orizzonte temporale di medio-lungo periodo.

Infatti, nel caso dello stock picking, gli effetti delle scelte di gestione attiva tipicamente tendono a verificarsi non nell’immediato e quindi nel breve periodo potrebbero essere paragonati con i rendimenti del benchmark solo assumendosi il rischio di distorsione. D’altro canto, in presenza di un profittevole market timing, il gestore potrebbe ottenere sovra-performance di breve periodo rispetto al benchmark ma questo orizzonte temporale non è sufficiente per un corretto confronto, in quanto non ci dice se il gestore saprà adattare o ribaltare la selezione dei titoli in caso di inversione del ciclo economico o della congiuntura favorevole sui mercati.

Non è un caso che nella progettazione del nostro indicatore proprietario ETI (Expected Trend Indicator) abbiamo scelto uno storico minimo di 5 anni per analizzare coerentemente i fondi comuni di investimento.

  • Ruolo delle spese: al fine di ottenere un confronto realistico, bisognerebbe confrontare il rendimento netto della gestione del fondo con i rendimenti del benchmark.

Infatti, mentre l’indice di riferimento non è un prodotto gestito essendo un costrutto virtuale, e quindi non include costi di investimento, sottoscrivere le quote di un fondo comune di investimento vuol dire sopportate spese differenti. I costi di gestione, che verranno approfonditi nelle prossime lezioni, sono necessari per ripagare gli sforzi del team di gestione attiva e dovrebbero essere dedotti dalle performance lorde per un confronto dei risultati più oggettivo.

  • La coerenza del benchmark: spesso per i fondi flessibili, il cui portafoglio è costituito da molte asset class diverse, il gestore non dispone di un benchmark index sufficientemente rappresentativo degli strumenti finanziari inclusi nel portafoglio del fondo comune di investimento.

Diventa necessario quindi indagare su quale siano o siano state le divergenze di composizione dei due portafogli per interpretare, o per giudicare affidabili, i risultati di confronto che ci vengono mostrati.

4 PRINCIPALI STILI DI INVESTIMENTO DEI FONDI COMUNI

Abbiamo appena osservato come i fondi comuni di investimento, attraverso la gestione attiva, mirano a sovra-performare il loro benchmark. A tale scopo, soprattutto quelli azionari, espongono i loro portafogli a società con caratteristiche simili e queste peculiarità comuni determinano i diversi stili di investimento che riflettono la politica di gestione.

Elenchiamo quindi i tratti distintivi delle 4 macrocategorie di stili di investimento più utilizzate nei fondi comuni.

STILE VALUE

Le azioni value sono titoli di aziende di grandi dimensioni, misurate in termini di capitalizzazione di mercato ovvero dal prodotto fra il numero di azioni in circolazione sul mercato, chiamato flottante, e il prezzo di mercato quotato per ogni singola azione.

Queste società si trovano nella fase di maturità del loro ciclo di sviluppo e dispongo di un business consolidato che si riflette in utili con crescita annua costante, dividendi elevati e pagati regolarmente e un’ampia quota di mercato.

Seppur caratterizzate da un ciclo di sviluppo ormai allo stadio finale e con scarse prospettive di crescita, le azioni value sono ricercate dai fondi comuni di investimento per due motivi principali.

In una logica di market timing, quando anche il ciclo economico si trova nella sua fase di massima espansione, i gestori che usano l’approccio value possono beneficiare di rendimenti stabili anche in fase di possibile correzione del mercato. Inoltre, in termini di stock picking, le società value sono le più ambite dai gestori che istituiscono un fondo comune di investimento a distribuzione il quale retrocede periodicamente i dividendi staccati dalle società che compongono il portafoglio.

Infine, l’approccio value consente anche di ridurre il rischio insolvenza dal momento che queste società hanno un tasso di default prossimo allo zero, a differenza delle aziende growth, ma sono anche titoli difensivi siccome dispongono di utili poco volatili, contribuendo a ridurre la volatilità dei rendimenti del fondo.

In termini operativi, per riconoscere se un gestore adotta uno stile di investimento value è possibile guardare ad alcuni indicatori finanziari che riassumono le caratteristiche economiche ponderate dei titoli che compongono il portafoglio del fondo. Infatti, osserveremo un’alta capitalizzazione di mercato e multipli Price to Earnings (P/E) o Price to Book Value (P/B) molto contenuti e inferiori alla media di settore.

STILE GROWTH

Agli antipodi dello stile value si trova l’approccio di investimento growth. Le azioni growth sono titoli di società con media o bassa capitalizzazione, che si trovano in uno stadio iniziale del loro ciclo di sviluppo e che presentano multipli finanziari elevati i quali riflettono grandi aspettative del mercato sulla crescita dei loro flussi di cassa futuri.

Tutte queste caratteristica si riscontrano in multipli P/E o P/B superiori alla media di settore, a testimonianza di come i titoli growth vengano scambiati sul mercato, che restituisce le prospettive di crescita a medio-lungo termine, a valori maggiori di quelli contabili, che invece rappresentato la situazione finanziaria attuale dell’azienda.

Tra i titoli growth troviamo molto spesso start up tecnologiche, o aziende che hanno aperto i primi round di finanziamento da società di private equity o di venture capital, che dovendo sopportare grandi costi di ricerca e sviluppo per espandere il loro business innovativo non possono ancora distribuire dividendi, che invece vengono reinvestiti nell’azienda, e hanno utili e ricavi correnti bassi e molto volatili.

D’altro canto, i fondi comuni che seguono un approccio growth tendono a scommettere sulle società giovani, selezionate grazie alla loro competenza di analisi fondamentale, che consentano ai gestori dei rendimenti molto elevati soprattutto durante le fasi di ciclo economico dove i tassi di interesse sono bassi.

Il tema dei tassi di interesse è di notevole importanza per le performance di un fondo growth in quanto queste società che compongono il loro portafoglio devono ricorrere spesso a finanziamenti esterni per coprire le ingenti spese di ricerca e sviluppo per i loro prodotti. In fasi di ciclo economico dove i tassi sono alti, se poi vengono ancora maggiorati di uno spread ingente a fronte della rischiosità e dell’incertezza che caratterizza queste aziende, i fondi growth tendono a restituire performance più contenute.

STILE QUALITY e MOMENTUM

Accanto ai due stili più famosi, quelli value e growth, esistono altre politiche di investimento nate per conciliarne i pregi e difetti in modo da essere flessibili per le esigenze dei risparmiatori.

L’approccio quality è una combinazione degli stili value e growth siccome a prescindere dallo stadio di sviluppo nel quale si trova la società, il portafoglio del fondo comune di investimento si compone di aziende con un solido business economico sottostante in grado di garantire con il mimo rischio possibile una crescita sostenuta dell’investimento nel medio-lungo termine a prescindere dalla fase di ciclo economico.

Per concludere, lo stile momentum è un caso particolare del trend following, ovvero la politica di investimento che punta ad acquistare o vendere titoli che si trovano rispettivamente in un consolidato trend rialzista o ribassista. Tuttavia, l’approccio momentum è spesso trattato in ottica di arbitraggio: il fondo compra asset che stanno performando meglio del mercato, con l’auspicio che nel futuro si ripeta la tendenza, e vende contemporaneamente le aziende che stanno rendendo meno delle comparabili, con l’aspettativa che continueranno a restituire ritorni negativi o inferiori a quelli di mercato.

CONCLUSIONI SUL RUOLO DEL BENCHMARK DEI FONDI COMUNI

In questo secondo articolo sui fondi comuni di investimento abbiamo approfondito il ruolo del loro benchmark e descritto alcuni stili di investimento che i gestori attivi utilizzano quotidianamente per tentare di sovra-performare l’indice di riferimento.

Elenco completo articoli del corso “Come investire in fondi comuni di investimento:

  1. Che cosa sono i fondi comuni di investimento
  2. Cosa sono le classi di azioni sui fondi comuni
  3. Benchmark e stili dei fondi comuni di investimento
  4. Tipologie di fondi comuni di investimento
  5. Costi dei fondi comuni di investimento
  6. Indicatori di performance per i fondi comuni di investimento
  7. Migliori broker per i fondi comuni di investimento
  8. Fondi a cedola
  9. Investire in fondi comuni: pro e contro
  10. La classifica dei migliori Fondi comuni di investimento a basso rischio
  11. Come scegliere i fondi comuni di investimento
  12. Teniamo monitorato il nostro investimento in fondi comuni

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