Nell’ultimo board del 30 ottobre scorso, come da programmi la FED ha tagliato i tassi di riferimento di 25 bps, per la terza volta dall’inizio dell’allentamento monetario a luglio scorso, abbassandoli quindi nel nuovo intervallo 1,50%-1,75%. Tuttavia, tra le righe del comunicato finale, parrebbe che la Banca Centrale USA voglia prendersi una pausa sull’allentamento monetario e potremmo quindi aver assistito all’ultimo taglio per il 2019.
Infatti, nel comunicato finale del FOMC è scomparsa la frase “per agire appropriatamente a sostegno dell’economia”, che era presente sin dal board di giugno, come a dare il senso della continuità ai progressivi tagli di 25 bps. In effetti, ci può stare, posto che la FED ha definito “moderata” la crescita economica USA, quasi ad ammonire che al rallentamento in atto si sia già reagito adeguatamente con il taglio dei tassi per 75 bps complessivi. Se così fosse, è chiaro che la prosecuzione dell’allentamento monetario potrebbe avvenire solo nel caso in cui dall’economia americana arrivassero segnali ulteriormente negativi.
Gli ultimi dati macro indicano che il tasso di disoccupazione a settembre è sceso al 3,5% – minimi da cinquant’anni a questa parte – e gli analisti hanno stimano che sarebbero necessari 109.000 posti di lavoro al mese per mantenerlo stabile. Secondo l’ultima previsione di ADP a ottobre sarebbero stati creati 125.000 nuovi posti, per cui sopra il livello minimo stimato.
Chiaro, il dato deve essere confermato dal Dipartimento del Lavoro, ma se così fosse e se accadesse lo stesso per il mese di novembre è poco probabile che la FED a dicembre operi un nuovo taglio dei tassi. Fermo restando ingerenze presidenziali cui ormai siamo un po’ abituati. Di fatto, anche il mercato al momento assegna all’evento una probabilità minima.
Lo dimostra anche il secondario, ove l’andamento dei rendimenti obbligazionari vede il Treasury a 2 anni in area 1,62% e quello a 10 anni poco sotto area 1,80%, cioé livelli del tutto compatibili con il range attuale dei tassi. Ciò significa che il mercato non sta scontando un quarto taglio dei tassi a breve. Anche sul comparto corporate i rendimenti delle obbligazioni high yield hanno continuato a contrarsi, mentre quelli investment grade – rating BBB – si sono stabilizzati contro le AAA che invece hanno ripreso a salire.
Sappiamo bene che il restringimento degli spread tra bond di buon pedegree e bond high yiel è la conseguenza della caccia al rendimento, posti i tassi negativi su ampi tratti di curva ed emittenti. Ciò però può anche spiegarsi come una minor percezione dei rischi, sia grazie alle azioni della FED di questi mesi sia grazie alle prospettive economiche negli USA non così in peggioramento come si era temuto.
Mettendo insieme i vari tasselli, possiamo quindi ritenere plausibile l’esigenza di una pausa per la FED. Il tutto naturalmente con buona pace di Donald Trump, che sappiamo invece avrebbe voluto un ben maggiore aggressività della FED e non ha esitato a lanciare i suoi strali verso Powell. Tuttavia, se Powell può permettersi di sospendere momentaneamente l’allentamento monetario è proprio grazie alle buone condizioni di salute dell’economia USA per cui Trump dovrebbe aver poco a recriminare.
RendimentoFondi.it