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Spesso ci domandiamo a quanto corrisponderebbero i nostri attuali 10 Euro calati nel contesto economico e finanziario del passato. E’ normale, perché da diversi anni a questa parte l’impressione generale è che il nostro potere di acquisto sia drasticamente diminuito.

In questo articolo cerchiamo di mettere in evidenza alcuni numeri, per capire se e quanto abbiamo perso e per capire anche se le statistiche ufficiali siano davvero attendibili o siano “addomesticate” per il quieto vivere.

Facciamo un salto a ritroso di 50 anni, e torniamo agli anni ’70. Primo paragone: oggi in base alle statistiche gli stipendi medi si aggirano tra i 1.500 o 2.000 Euro mensili, pari a poco meno di 3 o 4 milioni di vecchie e gloriose Lire. In realtà l’esperienza ci insegna che sono ben più bassi, ma poco importa prendiamoli per buoni.

Sempre le statistiche ufficiali ci dicono che un italiano medio oggi guadagna molto di più rispetto a diversi decenni fa. Nel 1970, la retribuzione media di un italiano si aggirava intorno alle 120.000 lire al mese; “convertiti” ai tempi attuali sarebbero circa 60 Euro, cioè 25 volte in meno di oggi.

E fin qui la matematica, ma è evidente che nell’arco di cinque decenni il costo della vita è aumentato di pari passo alle retribuzioni, per cui dire che oggi si guadagna 25 volte in più rispetto a dieci lustri orsono pare un po’ una forzatura.

Intanto appuntiamoci due dati: nel 1970 un caffè al bar costava appena 70 lire – meno di 4 centesimi di euro – mentre oggi ci costa 1,10 Euro in media visto che alcuni lo fanno pagare ancora 1 Euro, altri appunto 1,10 Euro e alcuni addirittura 1,20 Euro. Altri due dati da tenere a mente: nel 1970 la benzina costava intorno alle 165 Lire al litro, oggi costa in media poco meno di 2 Euro al litro.

E qui entra in gioco l’inflazione. Eggià, perché le statistiche ufficiali fanno i conti del potere di acquisto parametrando i redditi al caro vita misurato dall’inflazione ufficiale. E qui rischiamo di prendere delle belle cantonate, perché sappiamo bene che il paniere dell’inflazione è una bestia strana così come sappiamo – per esperienza diretta quotidiana – che l’inflazione “percepita” è superiore a quella ufficiale.

Orbene, in base all’inflazione di questi ultimi 50 anni, 10 Euro nel 1970 sarebbero pari oggi a circa 185,50 Euro, visto che i prezzi sono cresciuti mediamente di 18,5 volte. Se ci basassimo solo sulla matematica, sarebbe facile concludere che oggi si guadagna di più e si sta meglio poiché a fronte di un aumento dei prezzi di 18,5 volte le retribuzioni sono salite di 25 volte.

Peccato che in termini reali le cose stiano diversamente, visto che l’inflazione ufficiale è stata adeguatamente addomesticata verso il baso per poter attuare politiche monetarie ultra-espansive al fine di non fa saltare per aria l’enorme massa di debito in circolazione. Riprendiamo i numeri che ci siamo appuntati poco sopra e facciamo due calcoli, come illustrato nella tabella in Fig.1.

Fig.1 – Confronto incidenza su reddito nel 1970 e oggi

Mettiamo insieme i pezzi: le statistiche ufficiali ci dicono che salari e stipendi sono cresciuti più dell’inflazione e quindi siamo tutti più ricchi. Peccato che dal 2001 ci sentiamo tutti più poveri, e se guardiamo alla tabella di Fig.1 ne abbiamo anche ragione.

Infatti, il costo della tazzina di caffè al bar è cresciuto di oltre il 70% in rapporto al reddito, mentre la benzina è salita di quasi il 24%. Poi, è impossibile non ricordare la famosa “equazione” che agli albori dell’Euro portò ciò che costava 1.000 Lire ad 1 Euro.

Ma allora, chi ha ragione? Siamo più ricchi o più poveri?
Come dicevano gli antichi, in medio stat virtus, e ragionevolmente possiamo affermare di essere un po’ più in difficoltà rispetto al passato, poiché come ben sappiamo negli anni ’70 era anche possibile risparmiare, mentre oggi questa voce è totalmente scomparsa dai bilanci delle famiglie.

Pertanto, l’inflazione reale è più alta di quanto ci raccontano le fonti ufficiali e il fatto che oggi – come alcuni sostengono – quasi tutti  possano permettersi di viaggiare, di andare in vacanza o di acquistare beni e servizi non significa nulla, poiché tali spese nella stragrande maggioranza dei casi sono fatte a debito, cioè finanziandosi.

Cioè a dire che per potermi concedere qualcosa, dopo aver pagato il muto o l’affitto per la casa e le relative spese di gestione, le bollette delle utenze domestiche, la spesa, le imposte e tutto ciò che riguarda le necessità primarie, devo ricorrere al finanziamento, spendendo di fatto dei soldi che non ho.

Buon Circoloinvestitori.it

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Dr.Massimo Gotta è un giornalista-pubblicista iscritto all'Ordine dei Giornalisti di Torini. Laureato in Scienze Politiche e in Giurisprudenza è uno dei più apprezzati analisti finanziari italiani e tra i fondatori del Circolo degli Investitori. Ha alle spalle una lunga carriera professionale nel mondo bancario e finanziario: è stato docente per l’Università degli Studi di Torino e la Scuola di Amministrazione Aziendale di Torino, il gruppo bancario Mediobanca, infine Banca Sella come responsabile Ufficio Titoli e Borsino ed in seguito Gestore di patrimoni presso la struttura Private Banking. Massimo Gotta è un apprezzato opinionista per diversi media finanziari tra cui Repubblica.it, LombardReport.com, Il Valore, Class CNBC. E’ coautore con Walter Demaria di “Investire in obbligazioni”, ed autore di diversi altri libri tra cui “Il meglio dell’analisi tecnica in Metastock”, Experta, (2006).

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