Negli Stati Uniti, i dati pubblicati dal Bureau of Economic Analysis hanno mostrato che ad agosto l’inflazione misurata dal cosiddetto deflatore PCE è rimasta stabile: il core PCE si conferma al 2,9% annuo, con un incremento mensile dello 0,2%. Si tratta dell’indicatore chiave seguito dalla Federal Reserve per valutare l’andamento dei prezzi. In parallelo, la spesa delle famiglie è cresciuta dello 0,4% in termini reali, segnale che i consumi rimangono robusti nonostante il costo del denaro elevato. È un equilibrio delicato: i prezzi non accelerano, ma restano sopra il 2% che la Fed considera obiettivo di medio periodo.
Per questo, dopo il taglio dei tassi deciso a settembre, la banca centrale americana mantiene un atteggiamento cauto. Nelle recenti dichiarazioni, il presidente Jerome Powell ha sottolineato che tagliare troppo in fretta potrebbe compromettere i progressi fatti contro l’inflazione, ma lasciare i tassi troppo alti troppo a lungo rischia di frenare l’economia e il mercato del lavoro. Il messaggio è chiaro: ogni mossa sarà calibrata sui dati in arrivo.
Anche in Europa il quadro non è lineare. La Spagna, secondo la stima preliminare di settembre, ha registrato un’inflazione armonizzata al 3% annuo, in accelerazione rispetto al 2,7% di agosto. Un dato nazionale, certo, ma che conferma come il rientro dei prezzi resti graduale e disomogeneo tra i Paesi dell’eurozona.
Alla riunione di settembre la Banca Centrale Europea ha lasciato invariati i tassi, ribadendo che ogni decisione futura dipenderà dall’andamento dei prezzi e della crescita. Le proiezioni ufficiali di Francoforte vedono l’inflazione scendere sotto il 2% nel 2026 e stabilizzarsi intorno al target nel 2027: tempi lunghi, che spiegano la prudenza nel parlare di ulteriori tagli.
In attesa degli altri dati macro in uscita nelle prossime settimane non possiamo non riflettere su un passaggio che ha fatto discutere e che arriva dal più recente Bollettino Economico della BCE, dove compare un’analisi intitolata “Keep calm and carry cash: lessons on the unique role of physical currency across four crises” (“Mantenete la calma e tenete il contante: lezioni sul ruolo unico della moneta fisica attraverso quattro crisi”). Non è un invito allarmistico a riempirsi i cassetti di banconote, ma un lavoro di ricerca che ricorda come, in diverse fasi di crisi degli ultimi vent’anni, il contante abbia mantenuto un ruolo insostituibile.
La riflessione parte da un dato di fatto: tra il 2005 e il 2024 il valore delle banconote in circolazione nell’eurozona è salito da meno del 6% del PIL a oltre il 10%. Parallelamente, i pagamenti digitali sono esplosi, ma senza cancellare la domanda di moneta fisica. Il motivo è semplice: in situazioni di blackout elettrico, attacchi informatici o interruzioni delle infrastrutture, le carte e le app di pagamento diventano inutilizzabili, mentre il contante resta immediatamente spendibile.
Negli ultimi anni, alcuni Paesi europei come Olanda, Austria e Finlandia hanno già invitato i cittadini a tenere in casa piccole riserve di banconote per gestire emergenze di breve durata. La BCE si limita a mettere in prospettiva questo tema: la diversificazione dei mezzi di pagamento è un elemento di robustezza del sistema, non necessariamente un segnale di sfiducia verso la digitalizzazione.
Tuttavia, è interessante notare come questo cambio di tono (e di prospettiva) arrivi dopo decenni in cui si era spinto con decisione verso una società “cashless” e proprio in un contesto di massima tensione (come non si vedeva da decenni) a livello geopolitico. Infatti, più che la pandemia del 2020 o la guerra in Ucraina, è la crescente minaccia di cyber-attacchi che ha riportato alla ribalta il tema della sicurezza dei pagamenti, ricordando che un sistema troppo dipendente da un’unica tecnologia può diventare vulnerabile.
Presentata così, la questione non riguarda il singolo risparmiatore nel quotidiano, ma il funzionamento complessivo dell’economia in scenari di crisi. E non solo per noi investitori, questo significa una sola cosa: non sottovalutare i rischi sistemici, anche quelli che sembrano lontani o improbabili.
In un contesto geopolitico già teso, queste considerazioni contribuiscono a mettere in prospettiva il tema della stabilità finanziaria. Per un approfondimento su cosa potrebbe succedere se all’improvviso il sistema finanziario fosse spinto al limite, basato sulle evidenze storiche del passato, rimandiamo all’articolo di Walter Demaria pubblicato sul nostro sito.
Come sempre, staremo a vedere cosa ci riserverà il futuro, ma ora passiamo ai numeri e all’analisi delle curve.
Analisi ZC-Yield Curve Eur
La curva dei rendimenti zero-coupon si mantiene nel complesso stabile, con qualche lieve aggiustamento rispetto alla rilevazione precedente. Il decennale si colloca al 2,77%, mentre il trentennale si porta al 2,98%. Lo spread fra 10 e 2 anni risale leggermente a 0,59%, segnalando un processo di normalizzazione che procede senza scossoni.
Sul tratto breve (scadenze fino al 2027) i rendimenti rimangono compatti e con inclinazione positiva. Si nota però un po’ di indecisione sul tratto 2026–2027, dove la curva appare meno definita.
Il tratto medio-lungo (2044–2052) conferma una pendenza positiva: i rendimenti toccano un massimo poco sotto il 3,05% sulle scadenze 2041–2050, per poi stabilizzarsi intorno al 3%.
Sul tratto ultra-long (dal 2053 in avanti) la curva conserva una leggera inclinazione negativa, con i titoli a 50 anni che si muovono in area 2,80%.

Per quanto riguarda il mercato monetario, il forward a sei mesi sull’Euribor resta tra il 2,10% e il 2,20% per il 2026, scende stabilmente al 2,10% per il 2027, per poi risalire gradualmente dal 2028 fino a raggiungere quota 3,30%. Una dinamica che riflette l’incertezza sulle prossime mosse della BCE e, soprattutto, sulle condizioni di medio periodo dei tassi reali.

Analisi Integrata Trendycator
Il monitoraggio settimanale dei principali titoli di Stato, integrato con il modello Trendycator, conferma un quadro nel complesso neutrale, senza direzioni marcate ma con sfumature locali che meritano attenzione.
Nel Regno Unito, il Gilt decennale sale al 4,72%. Il Trendycator resta su NEUTRAL, segnalando un mercato diviso tra un’inflazione che fatica a rientrare e segnali di rallentamento economico. La Bank of England mantiene un atteggiamento attendista: pronta a reagire in caso di riaccelerazione dei prezzi, ma consapevole dei limiti nell’inasprire ulteriormente la politica monetaria.
In Germania, il Bund decennale si porta al 2,77%, anch’esso con Trendycator su NEUTRAL. La stabilità del Bund riflette più la domanda difensiva degli investitori che non una vera spinta direzionale. Francoforte resta concentrata su un’inflazione eterogenea tra i Paesi dell’area, fattore che contribuisce a frenare un movimento più deciso dei rendimenti tedeschi.
In Italia, il BTP decennale segna un rendimento del 3,64%, con lo spread contro il Bund a 86 punti base. Anche qui Trendycator indica NEUTRAL, ma la dinamica è interessante: i titoli italiani continuano a beneficiare di un premio relativo rispetto agli OAT francesi. Come già osservato nelle precedenti analisi, non si tratta di un miglioramento strutturale del rischio Italia, quanto piuttosto di un ribilanciamento dei flussi che favorisce il debito italiano a scapito di quello francese.
Negli Stati Uniti, il Treasury decennale si attesta al 4,17%. Il Trendycator rimane su NEUTRAL, con una calma che maschera in realtà l’attesa per i prossimi dati macro. L’incertezza sui tagli della Fed mantiene i rendimenti ancorati, mentre gli operatori preferiscono non esporsi troppo fino a quando non sarà più chiara la direzione della politica monetaria.

Rendimenti bond governativi benchmark mondiali
Tabella dei rendimenti, su base settimanale, delle obbligazioni governative mondiali con qualunque rating. Il ranking considera i bond benchmark decennali in tutte le valute di emissione. In alcuni casi, per alcuni emittenti o per alcune valute, il rapporto rischio/rendimento di questi bond può essere anche piuttosto speculativo.

Selezione obbligazioni e strategie operative
Il quadro obbligazionario rimane sospeso e poco dinamico: le banche centrali continuano a muoversi con estrema cautela, i dati macro restano contraddittori e la geopolitica aggiunge un livello ulteriore di incertezza. In questo contesto, la linea guida deve essere una sola: strategia di massima prudenza, indipendentemente dal profilo di rischio.
Qualunque scelta operativa non dovrebbe prescindere da questa cornice di cautela, dove l’idea non è costruire un portafoglio sbilanciato su un’unica ipotesi di scenario, ma piuttosto tenere conto della fragilità generale: dati macro incerti, banche centrali divise sui tempi dei tagli, instabilità politica e tensioni geopolitiche. In questo quadro, ogni mossa deve essere calibrata, evitando esposizioni eccessive e ricordando che l’obiettivo primario non è inseguire il rendimento a ogni costo, ma preservare stabilità e flessibilità per cogliere opportunità quando saranno più chiare.
Due possibili strategie, che naturalmente non si escludono a vicenda potrebbero essere le seguenti.
1. Gestione della liquidità
Per chi privilegia la protezione del capitale, i BOT rappresentano ancora oggi la scelta più lineare. Offrono rendimenti netti interessanti rispetto all’inizio dell’anno e non di rado risultano competitivi anche nei confronti dei conti deposito. All’interno della stessa logica, si possono considerare anche governativi e sovranazionali con scadenze ravvicinate, entro il 2027, così da mantenere una duration bassissima e quindi un’esposizione minima al rischio di tasso. Questo tipo di allocazione non ha la pretesa di “fare performance”, ma svolge una funzione fondamentale: mettere in sicurezza la parte più liquida e immediatamente disponibile del portafoglio.
2. Opportunità su scadenze lunghe
Per gli investitori che hanno margini e orizzonte temporale per allungare la duration, senza tuttavia creare squilibri a livello generale di portafoglio, il mercato inizia a offrire occasioni selettive. I rendimenti sulle scadenze 2041–2050 si muovono su livelli che danno l’impressione non potersi ampliare ancora in modo significativo, con diversi titoli di buon rating che offrono un rendimento lordo annuo anche superiore al 4%. Sono bond liquidi, che permettono di entrare e uscire senza penalizzazioni eccessive, e che possono essere visti come una forma di “spesa anticipata” dei rendimenti oggi disponibili. È una strategia che richiede convinzione: significa assumersi il rischio di allungare le scadenze confidando che nei prossimi anni la curva non si muova in modo importante.
Qui sotto, alcune estrazioni di obbligazioni a titolo di esempio.
Focus sui BOT, con evidenza dei più interessanti poiché sottovalutati in termini relativi in rapporto al prezzo teorico.
Selezione di governativi e sovranazionali area euro con scadenza entro il 2027 e altissima liquidità.

Selezione di governativi e sovranazionali area euro con scadenze dal 2041 al 2050, con buona liquidità e rendimento lordo annuo a scadenza anche superiore al 4,00%.

Disclaimer
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I rendimenti, i prezzi e le valutazioni menzionati riflettono il contesto al momento della pubblicazione e non devono essere considerati indicazioni operative.
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