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La decisione di Standard & Poor’s di confermare la valutazione BBB+ con outlook stabile sui titoli di Stato italiani era ampiamente attesa. Dopo il miglioramento dello scorso aprile, l’agenzia ha preferito non forzare i tempi: un eventuale passo verso la categoria “A” richiede la preventiva revisione dell’outlook a positivo e, soprattutto, segnali concreti di crescita e consolidamento dei conti pubblici.

Tuttavia, il giudizio dei mercati sembra essersi già portato avanti. Lo spread BTP–Bund resta su livelli contenuti, e i rendimenti dei nostri titoli a dieci anni si muovono in area 3,80%–3,90%, non lontani da quelli francesi e poco sopra i Bonos spagnoli. Un differenziale che, di fatto, non riflette più una percezione di rischio “periferico”.

Verso l’upgrade di Moody’s

Il prossimo appuntamento cruciale è fissato per il 24 novembre, quando Moody’s rivedrà la propria valutazione, oggi ferma a Baa3, (corrispondente a BBB- e appena un gradino sopra la soglia “junk”…). Gli analisti di mercato si aspettano un miglioramento a Baa2, (corrispondente a BBB), che riporterebbe l’Italia in una fascia di rating più coerente con i fondamentali attuali e con il differenziale reale rispetto ad altri emittenti europei.

Un eventuale upgrade avrebbe implicazioni significative. Non solo ridurrebbe ulteriormente il costo di rifinanziamento del debito pubblico, ma allargherebbe anche la platea di investitori istituzionali che possono acquistare Btp, oggi ancora limitati da vincoli regolamentari interni legati ai rating investment grade più elevati.

Dal declassamento del 2013 alla lunga risalita

L’Italia ha perso l’ultimo rating A tra il 2013 e il 2014, nel pieno della crisi del debito sovrano europeo. Fu allora che le principali agenzie — S&P, Fitch e Moody’s — portarono i giudizi sui titoli di Stato italiani nella fascia BBB, sancendo di fatto il passaggio dei Btp dalla “serie A” alla “serie B” del credito sovrano.

Le cause furono strutturali: crescita stagnante, alto debito pubblico e instabilità politica, che insieme alimentarono la sfiducia internazionale e l’ampliamento dello spread oltre i 500 punti base.

Da quel momento è iniziato un lento processo di recupero, fatto più di credibilità costruita nel tempo che di slanci macroeconomici.

Oggi, a distanza di oltre dieci anni, l’Italia torna a giocarsi la possibilità di un rientro tra gli emittenti investment grade di fascia alta e non per miracolo, ma perché i numeri, almeno per ora, raccontano una stabilità riconosciuta dai mercati prima ancora che dalle agenzie.

La percezione dei mercati è già cambiata

Sul piano finanziario, la “promozione” dell’Italia è già avvenuta. I Credit Default Swap (CDS) a 5 anni, cioè le assicurazioni contro il default, costano ormai più per i titoli francesi che per quelli italiani: un’inversione simbolica ma non trascurabile.

Significa che gli operatori internazionali non vedono più il rischio sovrano italiano come una minaccia sistemica, e anzi considerano più probabile un declassamento della Francia piuttosto che dell’Italia. È un cambio di paradigma maturato in silenzio, ma con effetti concreti sui flussi di capitale.

Il contesto macro resta decisivo

Il governo ha rivisto al ribasso la stima del deficit 2024, dal 3,3% al 3% del PIL, segnale di un certo rigore fiscale nonostante un’economia in rallentamento. Il nodo rimane la crescita potenziale, ancora compressa da una produttività stagnante e da un carico burocratico che limita gli investimenti privati.

In prospettiva, per consolidare la fiducia e meritare un ritorno in rating zona A, sarà necessario mantenere disciplina di bilancio e accelerare sulle riforme strutturali: semplificazione amministrativa, incentivi al capitale produttivo e una revisione selettiva della spesa pubblica. E questi, come sappiamo, sono elementi che i mercati valutano ben più delle dichiarazioni politiche: il rating è una conseguenza, non un punto di partenza.

Un successo (potenziale)

In attesa che Moody’s si pronunci, è innegabile che ottenere un upgrade da una grande agenzia di rating sarebbe un riconoscimento simbolico e, al tempo stesso, un messaggio di stabilità rivolto ai mercati internazionali. Ma al di là della narrazione politica, la vera partita si gioca sulla credibilità delle politiche economiche e sulla capacità di tradurre le intenzioni in risultati misurabili.

Come ben sappiamo, la fiducia conquistata sui mercati obbligazionari non è mai definitiva: è una rendita che va rinnovata ogni giorno, con i numeri, non con le sole parole.

Conclusione

Dopo anni in cui lo spread è stato sinonimo di instabilità, l’Italia si trova oggi in una posizione paradossale: ha ancora un rating “medio”, ma un mercato che la tratta da “promossa”.

Se Moody’s confermerà le aspettative, sarà un premio alla consistenza di un Paese che, tra mille problemi e contraddizioni, ha continuato a pagare i propri debiti, rifinanziando il proprio debito record e, soprattutto, mantenendo aperta la porta della fiducia internazionale.

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Dr. Massimo Gotta, giornalista-pubblicista iscritto all'Ordine dei Giornalisti di Torino. Laureato in Scienze Politiche e in Giurisprudenza è uno dei più apprezzati analisti finanziari italiani, tra i fondatori del Circolo degli Investitori e ha alle spalle una lunga carriera professionale nel mondo bancario e finanziario. Ha lavorato per il gruppo bancario Mediobanca e per Banca Sella come responsabile Ufficio Titoli e Borsino ed in seguito Gestore di patrimoni presso la struttura Private Banking. È stato docente per l’Università degli Studi di Torino e la Scuola di Amministrazione Aziendale di Torino. Massimo Gotta è un apprezzato opinionista per diversi media finanziari tra cui Repubblica.it, LombardReport.com, Il Valore, Class CNBC. È coautore con Walter Demaria di “Investire in obbligazioni” (TradingLibrary 2013) e autore di diversi altri libri tra cui “Il meglio dell’analisi tecnica in Metastock” (Experta 2006). Disclaimer: L’autore Massimo Gotta non detiene strumenti finanziari oggetto delle proprie analisi al momento della pubblicazione. Il nostro giornale rispetta la Carta dei Doveri dell’Informazione Economica Clicca qui--> Informazioni metodo Clicca qui-->

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