Il titolo Intel ieri ha subito forti perdite dopo un attacco diretto da parte dell’ex presidente USA Donald Trump. Al centro delle polemiche, il CEO Lip-Bu Tan, accusato di legami poco trasparenti con il settore tecnologico cinese. La crisi non è solo industriale: ora diventa anche politica.
Il caso: un post su Truth Social e un’accusa pesante
Ormai i post di Trump sono diventati famosi e temuti. La giornata si apre con un’accusa diretta: “Il CEO di Intel è altamente conflittuale e deve dimettersi immediatamente”, scrive Donald Trump sul suo canale ufficiale. Il riferimento è a Lip-Bu Tan, amministratore delegato del colosso dei semiconduttori da marzo scorso. Poche righe che bastano a far crollare il titolo in pre-market: –3,2% sul Nasdaq, in un anno già negativo di oltre il 30%.
Non sono forniti dettagli tecnici sul “conflitto di interessi”, ma l’affondo si inserisce in un contesto più ampio: da giorni il senatore repubblicano Tom Cotton chiede chiarimenti al consiglio di amministrazione su alcune attività pregresse di Tan, in particolare in relazione al settore cinese dei semiconduttori.
Intel già sotto pressione da tempo
L’uscita di Trump non fa altro che aggravare una crisi in corso. A luglio, Intel ha annunciato 25 mila licenziamenti e il ritiro completo dall’Europa: via i progetti industriali in Germania e Polonia, stop anche in Costa Rica. La produzione si sposta in Malesia e Vietnam. Le motivazioni? Una ristrutturazione necessaria, ha spiegato Tan, dopo perdite per 2,9 miliardi nel secondo trimestre. Tuttavia, i ricavi da 12,9 miliardi hanno superato le attese, lasciando aperto un margine di fiducia.

Dopo aver toccato i massimi nel 2020 a 69,29 dollari, Intel ha subito un progressivo deprezzamento, scendendo nell’attuale area di consolidamento compresa tra 19 e 25 dollari per azione.
La fiducia degli investitori è ai minimi, e con un CEO ora percepito da parte della politica americana come potenziale rischio per la sicurezza nazionale, la pressione si intensifica. Le prossime settimane saranno decisive. Ma per Intel, la crisi non è più solo industriale. È diventata una questione sistemica.
