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Il piano energetico proposto da Scott Bessent, nominato da Donald Trump come Segretario al Tesoro, ha suscitato forti critiche, in particolare da parte del Wall Street Journal (WSJ). Secondo il WSJ, questo piano non solo appare complesso da implementare, ma manca anche di una logica coerente.

Come si articola il piano 3-3-3 di Bessent?

L’obiettivo dichiarato è quello di rafforzare l’economia statunitense, puntando su tre direttrici principali:

1 crescita del PIL al 3% → Stimolare l’economia per ottenere un incremento annuo del 3% del Prodotto Interno Lordo, attraverso deregolamentazione e incentivi agli investimenti privati.

2️ deficit di bilancio al 3% del PIL → Ridurre il deficit federale fino al 3% del PIL, con misure di contenimento della spesa pubblica e riforme fiscali.

3️ incremento della produzione energetica di 3 milioni di barili al giorno → Aumentare l’offerta interna di petrolio, incentivando la perforazione e riducendo le restrizioni ambientali.

L’obiettivo finale di questo piano sarebbe abbassare l’inflazione, ridurre il costo del debito e indebolire il dollaro, che oggi penalizza gli Stati Uniti nella bilancia commerciale.

Le criticità del piano energetico di Bessent

Il punto più controverso riguarda il settore energetico. Bessent sostiene che aumentando la produzione petrolifera interna di 3 milioni di barili al giorno, il prezzo del petrolio scenderà, abbassando l’inflazione e permettendo un indebolimento del dollaro.

Ma è davvero possibile?

Impossibilità pratica

  • Secondo il WSJ, le compagnie energetiche non hanno alcun incentivo a trivellare di più con il petrolio a meno di 70 dollari al barile.
  • Il costo medio di produzione si aggira tra i 50 e 55 dollari, ma il prezzo minimo di redditività per nuove perforazioni è di 65 dollari.
  • Per incentivare realmente la perforazione, il prezzo del petrolio dovrebbe essere almeno 89 dollari al barile.

Dati confermati dalla Federal Reserve di Kansas City, secondo cui le compagnie petrolifere hanno bisogno di prezzi ben superiori agli attuali per investire in nuove estrazioni.

Contraddizione economica: petrolio giù, ma debito sostenibile?

Anche se il piano riuscisse ad abbassare il prezzo del petrolio, ci sarebbe un effetto collaterale: la riduzione degli investimenti nel settore energetico e un possibile rallentamento dell’economia USA.

Allo stesso tempo, il costo del debito USA è già elevato, con rendimenti intorno al 5% sui Treasury a lungo termine. Mantenere a lungo tassi così alti è insostenibile, perché:

  • Drena liquidità che non si riversa nell’economia.
  • Rende sempre più difficile emettere nuovo debito senza dover offrire rendimenti ancora più alti.

Se abbassare il petrolio non è una strada percorribile, come può allora l’amministrazione Trump ridurre il costo del debito?

Lo spauracchio dei dazi come leva per indebolire il dollaro

Il dollaro forte è una minaccia per l’amministrazione Trump perché la bilancia commerciale è sfavorevole per gli USA.

Allo stesso tempo, il debito USA a scadenze lunghe non può rimanere così a lungo intorno al 5% di rendimento perché drena liquidità che non si riversa nell’economia e a lungo andare comporta problemi nell’emissione di nuovo debito che deve essere emesso a tassi troppo alti.

Ma come abbassare il costo del debito?

I rendimenti delle obbligazioni scendono in due modi:

-a seguito di una recessione. In caso di recessione i bond sconterebbero un calo drastico dell’inflazione e le Banche Centrali sarebbero costrette ad un drastico taglio dei tassi che colpiscono la parte lunga della curva.

-oppure secondo il piano di Bessent abbassando il prezzo del Petrolio, quindi abbassando l’inflazione in modo più sano e indebolendo il dollaro.

Fin qui il desiderata dell’amministrazione Trumpo, ma come potrebbe raggiungere questi obiettivi?

Abbiamo visto come l’idea di abbassare il prezzo del Petrolio è tutt’altro che semplice da attuare, allora l’idea attuale è quella di agitare lo spauracchio dei dazi come leva commerciale per trovare un accordo con Cina ed Europa per abbassare il dollaro considerato troppo forte. D’altronde lo si era già intuito da tempo che i dazi potevano essere una mera opera di convincimento.

E’ ancora possibile una recessione?

Per capire il rischio di recessione, possiamo guardare il mercato obbligazionario, che spesso anticipa i trend economici.

L’ICE BofA US High Yield Index Option-Adjusted Spread (OAS) misura la differenza tra i rendimenti dei junk bonds e quelli dei titoli di Stato USA.

Cosa indica questo spread?

  • Quando è basso → Gli investitori accettano spread più ridotti per investire nei bond ad alto rendimento rispetto ai titoli di Stato. Questo significa che il mercato ha una minore percezione del rischio e una maggiore propensione a investire in titoli più rischiosi perché ritiene che le condizioni economiche siano stabili o in miglioramento.
  • Quando è alto → Gli investitori richiedono un premio di rischio maggiore per detenere titoli HY rispetto ai Treasury. Questo accade quando c’è un aumento della percezione del rischio (es. recessioni, crisi finanziarie, tensioni di mercato).
Indice ICE BofA US High Yield Index Option-Adjusted Spread (OAS) febbraio 2025. Fonte Circolo degli Investitori

Esempi pratici

  • Durante la crisi finanziaria del 2008, lo spread ha superato il 20%, indicando che gli investitori percepivano un altissimo rischio di default sui titoli HY.
  • Nel periodo di forte liquidità post-COVID (2021), lo spread è sceso sotto il 3,5%, segnalando un mercato molto favorevole al rischio.

Lo spread HY è ai minimi storici

Il grafico mostra nettamente come da parte del mercato ci sia una totale fiducia nella solidità dell’economia e la percezione del rischio in questo momento è ai minimi storici.

L’ultima volta che ha toccato i livelli attuali è stato nel 1997 e nel 2007, due periodi che hanno preceduto grandi crisi finanziarie.

Questo suggerisce che il mercato è estremamente ottimista, ma una recessione potrebbe ancora materializzarsi.

Grazie a tutti gli amici del Circolo Pro per la profondità delle tematiche proposte.

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Dr. Walter Demaria Laurea in Psicoeconomia, è un giornalista - pubblicista iscritto all'Ordine dei Giornalisti di Torino. E’ tra i fondatori del Circolo degli Investitori ed è editorialista di diversi quotidiani finanziari. Insieme a Massimo Gotta ha pubblicato “Investire in obbligazioni”, che è ad oggi un best seller tra i testi che si occupano in maniera operativa dell’investimento in obbligazioni. Ha un approccio ai mercati di tipo quantitativo e ha guidato il team di sviluppo che ha creato il Trendycator. Disclaimer: L’autore Walter Demaria non detiene strumenti finanziari oggetto delle proprie analisi al momento della pubblicazione. Il nostro giornale rispetta la Carta dei Doveri dell’Informazione Economica Clicca qui--> Informazioni metodo Clicca qui-->

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