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Il trading è un abisso fatto di dubbi, paure e solitudine.

Circolo degli Investitori

I contenuti che stai per leggere nascono come riflessione personale ispirata al best seller Trading in the Zone di Mark Douglas — un libro che ha cambiato la mia visione dei mercati — ma, se avrai la pazienza di arrivare fino in fondo, scoprirai che non rappresentano un riassunto.

Sono infatti fermamente convinto che chiunque nel trading cerchi di imitare qualcun altro fallirà miseramente.
Il trader vincente è colui che sa prendere una storia, un libro, una tecnica… e farla propria.

In questo articolo non parlerò di tecnica, ma di come si costruisce la mentalità di chi riesce davvero a stare nella zona.

La fallacia della mente nel Trading: come il cervello ci tradisce davanti ai mercati


Il mercato non è un nemico: è uno specchio

Sai perché un bambino piange quando gli togli il giocattolo?
Perché non comprende il contesto, non capisce cosa gli sta succedendo.
Il genitore magari gli ha tolto un oggetto pericoloso, ma lui vive il gesto come un affronto.

In Borsa accade qualcosa di molto simile.
Quando perdiamo, reagiamo come quel bambino: ci sentiamo derubati, colpiti, umiliati.
Pensiamo che il mercato “ce l’abbia con noi”, che ci voglia punire o sottrarre qualcosa di nostro.

È una trappola mentale potentissima, alimentata dalla nostra inesperienza e dalla tendenza a personalizzare ogni perdita.
Ma il mercato non è un’entità pensante, non è buono né cattivo.
È solo uno specchio che riflette le nostre convinzioni, le nostre paure e il nostro modo di reagire all’incertezza.

Sì, è vero, nel mercato ci sono grandi operatori specializzati che ci lanciano dei messaggi o trappole per trarci in inganno e farci posizionare nella direzione sbagliata e quindi farci perdere. Ovviamente se perdiamo noi guadagnano loro. Ma noi non dobbiamo mai prenderla come un fatto personale o, peggio ancora, sentirci dei falliti se sbagliamo un’operazione.

Dobbiamo mantenere la mente aperta e costruttiva e capire che ogni azione che noi poniamo in essere sul mercato è sempre, e solamente, frutto della nostra responsabilità.

Esempio: ti è mai capitato di chiudere un trade troppo presto, o troppo tardi?

Senza questa apertura mentale possiamo incorrere in un disastro finanziario perché andremo a fare delle operazioni solamente per puro spirito di rivalsa nei confronti del mercato cattivo.

Chi riesce a capire questo punto compie il primo, vero passo verso la maturità operativa.
Perché finché restiamo emotivamente coinvolti, non stiamo analizzando: stiamo reagendo.


Perché la mente reagisce come un bambino (e come un trader)

Il cervello umano è progettato per la sopravvivenza, non per l’efficienza sui mercati.
La perdita, anche piccola, attiva le stesse aree cerebrali che nei nostri antenati si accendevano di fronte a un pericolo di morte.
Il risultato? Paura, impulso, reazione.

Ogni trade negativo diventa una minaccia personale.
Non stiamo più difendendo il nostro capitale, ma la nostra autostima.

Ed è qui che nasce la distorsione: confondiamo la performance operativa con il valore personale.
Se vinciamo, ci sentiamo bravi; se perdiamo, ci sentiamo inadeguati, incapaci.
Ma questa connessione è tossica: la mente inizia a operare non più per seguire un metodo, ma per evitare la sensazione di fallimento.

Infine, di fronte ad un fallimento cosa facciamo? Il più delle volte mettiamo in dubbio noi stessi e le tecniche che utilizziamo, allora ci gettiamo nuovamente nello studio alla ricerca di una nuova tecnica in grado di darci una speranza di successo maggiore.

Se ho perso è perché non ho capito, ho mal interpretato o non sono capace, quindi mi devo documentare di più.

Senza capire che cambiare continuamente idea, metodologia, strumento è il miglior modo per bruciare capitale finanziario e capitale psicologico.

Nessun grande trader fa cose difficili, tutti i grandi trader compiono gesti ripetitivi.

Circolo degli Investitori

Questo tema l’ho approfondito anche in altri miei lavori dedicati al capitale psicologico del trader.

In sintesi

  • Il cervello non distingue tra perdita e pericolo.
  • Ogni errore colpisce l’autostima prima ancora del conto.
  • Il vero rischio non è la perdita, ma la reazione emotiva che genera.

Convinzioni, esperienze e bias: la trappola invisibile

Nel libro le convinzioni vengono definite come pensieri “energizzati”: si formano nel tempo, diventano abitudini mentali e finiscono per guidare ogni decisione.
Se da bambini siamo stati morsi da un cane, possiamo crescere pensando che tutti i cani siano pericolosi.
Nel trading funziona allo stesso modo: una perdita importante può farci credere che il mercato “sia truccato”, che “gli altri sappiano qualcosa in più”, o che “non siamo portati”.

Ma questi non sono fatti, sono costrutti mentali.
Rappresentano la nostra storia emotiva, non la realtà del mercato.

Sui soldi, poi, tutto si amplifica.
Una perdita finanziaria viene vissuta come un fallimento personale, un colpo all’identità.
È lo stesso meccanismo che alimenta l’illusione di poter “recuperare subito” aumentando la size o cambiando strategia: la mente vuole riparare la ferita, non migliorare il metodo.

Sii onesto, quante volte dopo una perdita hai pensato di raddoppiare l’investimento per rifarti prima della perdita?

Hai un pensiero su questo tema? Scrivici.

La maturità arriva quando impariamo a riconoscere questi automatismi per quello che sono: bias cognitivi, non verità.

In sintesi

  • Le esperienze negative creano schemi mentali distorti.
  • Ogni convinzione errata riduce la capacità di leggere il mercato.
  • Accorgersi dei propri bias è la prima forma di disciplina.

Responsabilità e probabilità: la svolta mentale del trader adulto

C’è un momento in cui tutto cambia: quando smetti di cercare la colpa all’esterno.
Nel mercato, ogni azione è tua responsabilità.
Non del broker, non delle “mani forti”, non del destino.

Finché continui a pensare che qualcuno “ti ha fatto perdere”, stai rinunciando al controllo.
Il trader maturo accetta il fatto che ogni trade è un evento unico, con un esito sempre incerto.
Un click di mouse può aprire miliardi di combinazioni possibili.

Il trader accetta il fatto che ogni trade è un evento unico, con un esito sempre incerto

Trading in the Zone

L’unica cosa che puoi controllare è il processo: le probabilità, la gestione, la disciplina.
Il resto è rumore.

Un sistema con un win rate del 70% non garantisce la vittoria nel prossimo trade.
Significa solo che, su un campione abbastanza grande, i risultati tendono a distribuirsi in modo favorevole.
Chi abbandona il metodo dopo una perdita non sta proteggendo il proprio capitale: sta distruggendo la propria coerenza mentale.

Il mercato non premia chi ha ragione, ma chi gestisce correttamente l’incertezza.


Le cinque verità fondamentali del trading

Mark Douglas, in Trading in the Zone, sintetizza questa consapevolezza in cinque principi che andrebbero scolpiti nella mente di chiunque operi sui mercati:

  1. Ogni momento sul mercato è unico.
    Nessun pattern si ripete mai nello stesso modo.
  2. Ogni trade ha un esito incerto.
    Puoi conoscere le probabilità, non il risultato.
  3. Un sistema può avere un vantaggio, ma il singolo trade resta casuale.
    La sequenza di eventi favorevoli si manifesta solo nel lungo periodo.
  4. Il vantaggio è una questione di numeri, non di previsioni.
    Il successo dipende da come gestisci le probabilità, non da quanto “indovini”.
  5. Ogni decisione è una scelta di responsabilità.
    Il controllo non è nel mercato, ma nella tua capacità di accettare l’incertezza.

Queste verità non sono massime teoriche: sono la base di un modo nuovo di stare davanti ai grafici.
Capirle non basta; serve incorporarle fino a renderle abitudini automatiche.

In sintesi

  • Ogni operazione è unica e incerta.
  • Il vantaggio esiste solo nel lungo periodo.
  • Il controllo non è esterno: è nella disciplina interna.

La prossima volta che perdi, chiediti: sto reagendo o sto ragionando?

Circolo degli Investitori

Pain of discipline e capitale psicologico

La disciplina non è una qualità astratta: è un dolore da accettare.
In gergo da trader si definisce pain of discipline, e non a caso.
Perché ogni volta che resisti all’impulso di “fare qualcosa” il cervello protesta: vuole agire, non aspettare.

Quando il mercato si muove contro di noi, la mente cerca di riempire il vuoto dell’incertezza con l’azione.
È lì che nascono gli errori peggiori: overtrading, vendite impulsive, vendette verso il mercato.

Il capitale psicologico è ciò che ti permette di restare fermo mentre tutto intorno si muove.
È la riserva di lucidità che impedisce al dolore di trasformarsi in panico.

Anche per questo, strumenti come il Trendycator non devono essere interpretati come oracoli, ma come bussola probabilistica: una guida che mostra la tendenza di fondo, non un oracolo che “prevede” il futuro.
Il vero vantaggio non sta nell’indicatore, ma nella capacità di usarlo dentro un contesto mentale sano.

In sintesi

  • La disciplina è un dolore utile.
  • Il capitale psicologico va gestito come quello finanziario.
  • Gli strumenti tecnici funzionano solo se la mente è stabile.

Non è il mercato che ti frega. Sei tu, quando smetti di rispettare le tue regole.

Circolo degli Investitori

Dalla frustrazione alla lucidità: la zona del trader

La “zona” di cui parla Douglas non è uno stato mistico.
È un equilibrio mentale dove l’emozione non scompare, ma viene integrata nel processo.
Non sei più ossessionato dal risultato, ma concentrato sull’esecuzione.

In quella condizione, la mente smette di reagire: osserva.
Il giudizio si spegne, l’azione diventa naturale, la paura si dissolve perché non c’è più nulla da difendere.

Molti pensano che servano anni per arrivarci.
In realtà serve una sola consapevolezza: tu non sei i tuoi trade.
Ogni volta che ti liberi da questa identificazione, ti avvicini a quella lucidità che distingue un operatore consapevole da uno in balia del mercato.


Il ruolo dei social oggi

Gli ancoraggi negativi oggi vengono amplificati da quello che vediamo sui social con tutti quei sedicenti trader che fanno operazioni mirabolanti.

Oggi l’offerta è fin troppo vasta, sono tutti trader e tutti profittevoli, chi ha il robottino che fa per lui, chi il copy trading, chi il metodo X o Y.

Spesso ripeto che i social mi hanno nauseato, non esiste giorno che aprendo il telefono vedo qualcuno che mi dice come lui ha avuto successo nel Trading operando dalla sua casa di Dubai.

Successo per altro spesso presunto.

Questo non fa altro che aumentare in chi non ha una bussola il senso di frustrazione e di ammirazione (non farlo mai) nei confronti di chi dimostra di avere successo.


Shiny Object Theory

La Shiny Object Theory — la teoria degli oggetti scintillanti, non presente nel libro di Douglas — descrive la tendenza a provare ammirazione e desiderio verso ogni novità che ci si presenta davanti, come se fosse la soluzione definitiva ai nostri problemi.

È la stessa dinamica mentale di chi, dopo una breve prova nel Circolo degli Investitori — oggi abolita — non riscontrando risultati immediati, trasformava l’attesa in negazione: “Il Trendycator non serve a nulla”, per poi ripartire alla ricerca del successivo oggetto scintillante.

Ma anche questo atteggiamento è un’illusione.

È un pensiero “energizzato”, frutto della trasposizione del nostro passato e delle nostre frustrazioni nel presente.

Il Trendycator, infatti, è “solo” un algoritmo che per definizione non può essere né vincente né perdente, né una truffa né la panacea di tutti i mali.
È semplicemente uno strumento che identifica un trend e andrebbe utilizzato come faro, come guida da inserire sotto i grafici per individuare la tendenza di fondo e poi costruire su di essa le proprie operazioni di trading.

Un bel vantaggio, conoscere il bias — ovvero la tendenza di fondo — prima di operare sul mercato.
Significa che se il Trendycator è verde potremmo mettere in atto strategie long; se è rosso, ingressi short; se è grigio, meglio attendere, perché potrebbe trovarsi in una fase di seek and destroy.

Tutto qui, senza impersonificazioni.

Noi possiamo avere la svolta nel trading quando riusciamo veramente a capire e metabolizzare che ogni operazione è unica e l’esito è sempre incerto.

Il resto, dipende solo da noi.


Conclusione – Il mercato come maieutica, non come giudice

Il mercato non giudica, insegna.
Ogni perdita è una domanda: “Hai davvero capito cosa stai facendo?”
Ogni profitto è una risposta temporanea, da non confondere con la verità.

Leggere Trading in the Zone mi ha aiutato a capire che il vero campo di battaglia non è il grafico, ma la mente.
Il trader che accetta di lavorare su sé stesso smette di combattere contro il mercato e inizia a dialogare con esso.

Solo allora il trading diventa ciò che dovrebbe essere:
una pratica di consapevolezza sotto forma di decisione finanziaria.


Riferimenti

Mark Douglas, Trading in the Zone – Master the Market with Confidence, Discipline and a Winning Attitude, New York, 2000.

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Dr. Walter Demaria Laurea in Psicoeconomia, è un giornalista - pubblicista iscritto all'Ordine dei Giornalisti di Torino. E’ tra i fondatori del Circolo degli Investitori ed è editorialista di diversi quotidiani finanziari. Insieme a Massimo Gotta ha pubblicato “Investire in obbligazioni”, che è ad oggi un best seller tra i testi che si occupano in maniera operativa dell’investimento in obbligazioni. Ha un approccio ai mercati di tipo quantitativo e ha guidato il team di sviluppo che ha creato il Trendycator. Disclaimer: L’autore Walter Demaria non detiene strumenti finanziari oggetto delle proprie analisi al momento della pubblicazione. Il nostro giornale rispetta la Carta dei Doveri dell’Informazione Economica Clicca qui--> Informazioni metodo Clicca qui-->

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