In questi casi si potrebbe dire che anche i grandi investitori conoscono momenti difficili. Al contrario, i sostenitori più convinti dello stile di investimento di Buffett osservano che Heinz rappresenta comunque una quota marginale — circa il 3% — del portafoglio complessivo.
Per chi fosse interessato alla composizione attuale del portafoglio di Berkshire Hathaway, può consultare questa panoramica pubblicata da CNBC: https://www.cnbc.com/berkshire-hathaway-portfolio/
Dall’analisi emerge che circa il 21,6% del portafoglio è tuttora investito in Apple, mentre non compaiono partecipazioni in NVIDIA.
Dal Minimo di aprile NVIDIA ha fatto il +111% mentre Apple il +27%.
Anche per Buffett il fattore emotivo ha un peso: predilige aziende che conosce bene e che, oltre ai fondamentali, incarnano valori e riferimenti rassicuranti.
La svalutazione di Heinz
La notizia è questa: (Il Sole 24 Ore Radiocor) – Milano, 02 ago – Il fatturato di Berkshire Hathaway e’ sceso dell’1% a 92,52 miliardi di dollari. La svalutazione al netto delle imposte di 3,76 miliardi di dollari per la partecipazione del 27,4% di Berkshire in Kraft Heinz, pari a 5 miliardi di dollari al lordo delle imposte.
Trovate qui la notizia completa che ha fatto rapidamente il giro del mondo.
Anche i grandi investitori sbagliano.
Ciò che accade su piccola scala si riflette spesso anche su larga scala: neppure i grandi investitori sono infallibili.
Certo, tra dieci anni è possibile che Heinz possa generare ritorni significativi per Berkshire Hathaway, ma nel frattempo bisogna fare i conti con un’azione che si è svalutata da una parte e con un titolo che cresce meno della media di mercato dall’altra.
È lo stesso meccanismo che può capitare a un investitore individuale — il classico “signor Mario Rossi” — con la differenza che un grande fondo dispone di risorse e solidità ben maggiori per sopportare eventuali perdite o periodi di sottoperformance.
Utilizzando un’espressione anglofona, questo atteggiamento si può definire overconfidence: un eccesso di fiducia nella logica del “buy the dip” — acquistare nei ribassi — e nella convinzione che ciò che si tocca si trasformi inevitabilmente in oro.
Oggi chi, come me, non prende sempre decisioni vincenti può sentirsi in parte sollevato dal constatare che, in fondo, queste dinamiche sono comuni a molti investitori, indipendentemente dalle dimensioni del capitale gestito.
