Il Dividend Investing può essere considerato una buona strategia di investimento? Questa particolare scelta offre agli investitori due fonti di profitto potenziale: un reddito costante e prevedibile che proviene dai pagamenti regolari dei dividendi e il contemporaneo apprezzamento delle azioni nel tempo.
L’acquisto di titoli che distribuiscono dividendi può quindi essere un ottimo approccio per quegli investitori che cercano un reddito costante, o di costruire un patrimonio reinvestendo gli stessi pagamenti dei dividendi. Inoltre, può essere una strategia interessante perché tendenzialmente a basso rischio: i titoli che pagano dividendi possono essere tra i meno volatili in circolazione.
Nonostante questo, ci sono comunque insidie e ostacoli da evitare, e prima di acquistare un azione o un fondo a distribuzione, occorre sapere cosa valutare e cosa evitare. In questo articolo vedremo dunque cosa si intende per Dividend Investing, i suoi benefici e i parametri da osservare.
Come funzionano i dividendi
Ovviamente, non tutte le azioni pagano dividendi. Solitamente, per quanto riguarda le aziende quotate in Borsa, è il consiglio di amministrazione di ciascuna società che valuta se è il caso di erogare questo tipo di pagamento ai propri investitori, che spesso è su base mensile, quadrimestrale o annuale.
I dividendi vengono erogati secondo il dividend yeld, ovvero un indicatore che ci dice qual è la percentuale di dividendo che viene erogata per ogni euro investito su un dato titolo. Facciamo un esempio: acquistiamo 100 azioni per 10 euro ciascuna, con un dividend yeld del 3%. Questo significa che su un investimento di 1.000 euro, otterremo 30 euro in dividendi complessivi, cioè 0,30 centesimi ad azione.
Si fa presto a comprendere il principale vantaggio di questo investimento: a prescindere dall’andamento del prezzo delle azioni, continueremo a beneficiare di questo reddito fino a quando l’azienda sarà in grado di sostenerli e di distribuirli.
Una cosa importante da ricordare, infine, è che per aver diritto al dividendo occorre possedere il titolo nel giorno in cui il consiglio di amministrazione ha deciso che “staccherà” il dividendo. Bisogna dunque fare attenzione al giorno in cui si prende posizione in un dato titolo: le azioni sono a volte chiamate “ex-dividendo”, il che significa che in quel particolare giorno sono negoziate senza l’idoneità al dividendo. Se compriamo e vendiamo azioni alla data di ex-dividendo, non riceveremo il pagamento del dividendo più prossimo.
Perché investire in dividendi?
Esistono diversi motivi sul perché conviene investire in dividendi, e possono variare tra gli investitori. I principali possono comunque essere i seguenti:
- In un contesto economico che vede un tasso di inflazione in crescita e tassi di interesse bassi, i dividendi possono aiutare a superare il problema del deprezzamento del capitale;
- Garantisce un flusso di cassa costante che può essere impiegato come risparmio o nuovo investimento in altri titoli azionari o quote di fondi;
- Può essere una spinta aggiuntiva al ritorno totale dell’investimento iniziale, se combinato con il capital gain che si otterrà al momento della vendita delle azioni detenute, una volta che queste saranno cresciute di valore. Soprattutto in questo ultimo caso, se il dividendo cresce nel corso del tempo di pari passo con il titolo azionario, il guadagno totale che si ottiene può eccedere la semplice vendita di un titolo di valore equivalente ma che non distribuisce gli utili.
I parametri da valutare per un investimento efficace
Fino a qui sembra che i dividendi siano il paradiso degli investimenti finanziari. In realtà, prima di acquistare titoli a distribuzione bisogna valutarli con occhio critico, perché il rischio è quello di scegliere aziende che non potranno sostenere la distribuzione degli utili in futuro o peggio, che non distribuiranno dividendi e che scenderanno in borsa, quindi trovandosi in una situazione di perdita. Ecco quindi i parametri che RendimentoFondi suggerisce di studiare nel dettaglio.
Dividend Yeld: già menzionato in precedenza, è probabilmente il primo parametro che si osserva. Come detto, esprime la percentuale di dividendo che viene distribuito per ogni euro investito.
Ovviamente, gli investitori tendono a preferire un dividend yeld alto, e generalmente non è un cattivo ragionamento. Quello che conta, però, è che il titolo in questione sappia mantenere nel corso del tempo un alto dividend yeld, o meglio ancora che riesca a incrementarlo.
Investitori inesperti possono incappare nell’errore di scegliere i titoli con il più alto yeld possibile. Bisogna però considerare che un dividend yeld molto più alto del normale è il risultato di un calo del prezzo dell’azione in questione: se il trend continua nel tempo, questo può anche comportare il rischio di vedere la sospensione della distribuzione degli utili.
Per evitare questo problema è dunque importante valutare con attenzione l’evoluzione del dividend yeld nel corso del tempo: se è sempre stato costante, o meglio, in crescita, non ci sono particolari problemi. Inoltre, può essere utile confrontarlo con quello delle altre aziende dello stesso settore: se la nostra azione è l’unica ad avere un dividend yeld molto più alto del normale, allora questo potrebbe essere un campanello d’allarme.
Payout Ratio: si tratta del dividendo come percentuale dei guadagni di una società. Se un’azienda guadagna 1 euro per azione e paga un dividendo di 0,50 euro per azione, allora il payout ratio è del 50%. In generale, più basso è il payout ratio, più sostenibile dovrebbe essere un dividendo per la società. Inoltre, se il payout ratio è superiore al 50% significa che la società potrebbe fare fatica a garantire i dividendi nel caso di sopraggiunte difficoltà finanziarie, perché non avrebbe le risorse per farlo.
Free Cash Flow to Equity: indica il flusso di cassa che resta alla società per pagare i dividendi, dopo aver ripagato i debiti. Maggiore sarà il Free Cash Flow, maggiore sarà la capacità dell’azienda di sostenere i dividendi e di farli crescere nel tempo.
Price/Earnings to Growth (PEG ratio): infine, il quarto indicatore è un P/E ratio avanzato. Infatti, altro non è che il rapporto prezzo/utile (appunto il P/E) di un’azione diviso per il tasso di crescita dei suoi guadagni per un dato periodo di tempo.
A cosa serve il PEG ratio? È usato per determinare il valore di un’azione considerando anche la crescita degli utili, e fornisce un quadro più completo del P/E standard. Infatti, mentre quest’ultimo può far apparire un titolo un buon acquisto, il calcolo del tasso di crescita per ottenere il PEG ratio può dirci qualcosa di diverso. Più basso è il PEG ratio, più il titolo è sottovalutato alla luce delle sue aspettative di guadagno future. Generalmente, un PEG ratio inferiore a 1 ci segnala un titolo sottovalutato, perché ha un tasso di crescita futura interessante e non ancora espresso.
Conclusioni
Con questo articolo abbiamo presentato le basi del Dividend Investing: abbiamo visto quali benefici porta, quali sono le motivazioni che spingono a questa strategia di investimento e soprattutto quali parametri valutare per non incappare in grossolani errori.
Con questo bagaglio di conoscenze, ora il lettore di RendimentoFondi è pronto per approfondire i 5 migliori ETF che distribuiscono dividendi, da noi selezionati tramite il nostro Trendycator. Dopodiché, potrete approfondire le 5 migliori azioni dividend aristocrat, ovvero azioni con dividendi che hanno riportato importanti crescite, selezionate da RendimentoFondi proprio rispettando i parametri elencati in questo articolo.
Buon RendimentoFondi