Il 16 dicembre Bruxelles è chiamata a chiarire uno dei nodi più delicati dell’intero Green Deal europeo: il destino dello stop ai motori termici (Regolamento UE 2023/851).
Nelle ultime settimane si sono moltiplicate indiscrezioni e prese di posizione politiche che parlano di un possibile rinvio, di una revisione sostanziale o di un forte alleggerimento degli obblighi previsti a partire dal 2035, se non addirittura prima.
Al momento non esiste ancora una decisione formale, ma il dibattito è entrato in una fase decisiva: da un lato la pressione dell’industria automobilistica, messa in difficoltà da costi, transizione tecnologica e domanda debole; dall’altro la necessità, tutta politica, di evitare uno strappo su uno dei pilastri simbolici della strategia climatica europea.
Sappiamo inoltre che Stati come l’Italia, aventi ancora un tessuto produttivo fortemente legato all’automotive, sono in prima linea nel chiedere un passo indietro su queste politiche.
Decisioni di tale portata avrebbero richiesto, fin dall’inizio, una ponderazione basata su una lungimiranza diversa.
Senza entrare nella discussione su cosa inquini di più o di meno, sul piano meramente produttivo una decisione di questa portata dovrebbe essere accompagnata da adeguati ammortizzatori sociali per i milioni di lavoratori europei coinvolti nella filiera tradizionale dell’automotive.
Cosa cambia per le azioni delle aziende automobilistiche (forse)
Possiamo dunque attenderci un rally delle azioni di tutte le aziende legate all’automotive?
Forse, ma non è detto.
Innanzitutto, ancora non sappiamo esattamente cosa emergerà il 16 dicembre, ma sicuramente vi terremo aggiornati.
Il punto, però, che dovrebbe valutare un investitore è un altro: quanto potenzialmente è tardiva questa inversione di rotta?
Che fine faranno tutti gli investimenti fatti dalle aziende per:
-ricerca e sviluppo
-stipulare accordi strategici (Stellantis ha recentemente acquisito la cinese Leap Motors)
-creare la prima Ferrari elettrica della storia
Che fine faranno tutte le fabbriche che nel frattempo hanno già chiuso, le competenze che si sono già frammentate o disperse.
Per questi motivi riteniamo che l’investitore non dovrebbe correre a investire (perché Ferrari è scesa troppo) ma, più prudentemente, osservare l’evoluzione di questo 2026 che si prospetta quanto mai incerto.

Il titolo Ferrari, il più prestigioso del nostro listino, per la prima volta nella sua storia ha superato al ribasso la media mobile a 200 periodi sul weekly.
Vedremo se queste novità saranno sufficienti a riportarla in carreggiata.
Come sempre sarà il Trendycator a guidarci nelle scelte future.
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