L’onda lunga sta arrivando: solamente ieri ricordavamo come la prossima crisi, se mai dovesse manifestarsi, avrebbe il lavoro come epicentro. Ed ecco che arrivano i primi scricchiolii in Europa e non solo.
Dal 1° settembre 2025, 1.823 metalmeccanici dello stabilimento Stellantis di Termoli saranno coinvolti in un nuovo contratto di solidarietà che durerà dodici mesi, fino al 31 agosto 2026. Una misura difensiva, concordata tra azienda e sindacati, che fotografa la fragilità del sito molisano e del comparto automotive.
Un decennio di ridimensionamento
Negli ultimi dieci anni l’organico è passato da 3.500 a meno di 1.900 addetti. Il motore Fire – storico prodotto FCA – è stato archiviato dopo la fusione con Peugeot. Altri reparti, come il 16V, sono fermi da mesi; il propulsore GSE risente del calo della Panda; il V6 procede senza rilanci. Le nuove produzioni non bastano: il cambio elettronico eDct sarà operativo soltanto a fine 2026, con la piena produzione prevista per il 2027.
La Gigafactory a Termoli rimasta sulla carta
Il progetto della gigafactory di Automotive Cells Company, annunciato nel 2022, è stato di fatto congelato. I due miliardi di fondi PNRR inizialmente previsti sono stati dirottati altrove dal Ministero delle Imprese nel 2024. Senza quell’investimento, Termoli resta senza un vero futuro industriale, affidandosi a produzioni transitorie e sempre più marginali.
Un segnale che pesa sul sistema lavoro
Il nuovo anno di solidarietà non è un semplice episodio aziendale: è un indicatore di tendenza. La domanda debole, la transizione ecologica lenta e i contraccolpi delle scelte politiche mettono pressione a tutta la filiera. Termoli diventa così il simbolo di un nodo che riguarda l’Italia intera: la crisi non è più solo un tema di produzione, ma soprattutto di lavoro.
Le decisioni che pesano sul comparto
Per decenni l’Italia è stata tra i leader europei nella progettazione e produzione di motori a combustione. Una filiera che occupa ancora oggi migliaia di addetti, tanti quanti i componenti di un motore. Le spinte ecologiste, se non accompagnate da piani concreti di riconversione industriale, rischiano però di trasformarsi in un freno occupazionale più che in un’opportunità di rilancio.
Andamento del lavoro USA
Il caso Termoli non è isolato. Anche oltreoceano il segnale è evidente: il tasso di occupazione negli Stati Uniti, dopo il rimbalzo post-pandemia, ha imboccato una lenta ma costante discesa. Dai massimi del 2022 si è tornati sotto il 60%, con una traiettoria che preoccupa. È un ulteriore indizio che la prossima crisi, se arriverà, avrà il lavoro come epicentro.

