Proseguono le interviste a cura del Circolo degli Investitori ai gestori e questa volta abbiamo avuto il piacere di parlare con Luca Noto, Senior Portfolio Manager Obbligazionario di ANIMA Sgr, il quale molto gentilmente si è reso disponibile a rispondere alle nostre domande, con interessanti riflessioni in tema di tassi, cambi ed equilibri geopolitici globali.
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ANIMA è il più grande gruppo indipendente del risparmio gestito in Italia, con un patrimonio complessivo in gestione di oltre 176 miliardi di Euro (a fine gennaio 2019) e più di un milione di clienti. Nata da un percorso di aggregazione di più società, con specializzazioni differenti e complementari, si presenta oggi con una gamma di soluzioni di investimento e di servizi tra le più ampie a disposizione sul mercato. ANIMA, in particolare, articola la propria offerta in fondi comuni di diritto italiano e Sicav di diritto estero, oltre ad operare anche nel settore della previdenza complementare per aziende e privati, e in quello delle gestioni patrimoniali e istituzionali.
La capogruppo ANIMA Holding è una public company quotata alla Borsa di Milano dal 2014. ANIMA Sgr (https://www.animasgr.it) è la società operativa controllata da ANIMA Holding e a sua volta controlla Anima Asset Management Ltd, società per azioni di diritto irlandese, fondata nel giugno del 1999.
Il 2019 si è aperto con molte incognite, dopo un 2018 molto difficile e davvero avaro di soddisfazioni per gli investitori. Abbiamo chiesto a Luca Noto di fornirci sia un quadro complessivo sia in particolare sulle prospettive dei tassi e del mercato obbligazionario in Europa: buona lettura.

RF: Stiamo vivendo soprattutto in Europa un periodo di forti tensioni politiche: come hanno reagito e come stanno reagendo i vostri fondi in questa fase? Qual è la vostra visione dei mercati nel breve e medio termine?
LN: Veniamo da un 2018 molto sfidante, in cui quasi tutte le asset class sono state penalizzate, consegnando ritorni negativi, a causa di una serie di elementi che hanno, via via, condizionato l’umore degli investitori creando incertezza, in primis fattori geopolitici. L’inizio del 2019 si sta dimostrando ugualmente incerto e le difficoltà di lettura dei mercati confermano che sarà un altro anno altrettanto complicato. A differenza dello scorso, però, la fonte di questa incertezza sembra causata dai dubbi riguardo l’andamento dei fondamentali economici. In particolare, gli effetti della guerra commerciale di Trump stanno causando un profondo cambiamento nella catena di produzione, determinando effetti a cascata imprevisti sulla dinamica della produzione industriale di alcuni paesi e settori globalmente integrati. Questa difficoltà di lettura dello scenario globale ha spinto i mercati finanziari a reagire bruscamente, cominciando ad incorporare nelle aspettative delle probabilità di recessione significative. Ciò ha inevitabilmente innescato una reazione delle banche centrali a reagire in maniera più accomodante, anche in assenza di chiari segnali recessivi da parte delle economie sviluppate. La Fed ha infatti aperto ad una “pausa” nella sua politica di rialzo dei tassi (cd. “Fed’s put”), mentre la BCE, riconoscendo dei rischi a ribasso sullo scenario di crescita, ha implicitamente allontanato l’intervento restrittivo sui tassi di interesse. In questa fase, pertanto, manteniamo un approccio ancora estremamente tattico, ma determinante sarà l’evoluzione dei fondamentali. In particolare, sui mercati azionari, in prospettiva, il giudizio resta neutrale in quanto riteniamo che affinché il recupero a cui si è assistito diventi duraturo sia cruciale una stabilizzazione delle aspettative degli investitori sull’andamento della crescita.
RF: Quali strategie adottate solitamente nella vostra gestione per fronteggiare gli eventi di crisi?
LN: Purtroppo è molto difficile ridurre i rischi all’interno di un portafoglio in vista di risultati elettorali o di un evento politico, poiché gli effetti sui mercati sono imprevedibili. Pensate alla differente reazione del mercato ad eventi “ex ante” avversi come la Brexit e la vittoria di Trump: eventi avversi, reazione opposta di mercato. Ci sono valute o materie prime che in genere consentono una buona dose di copertura di rischio idiosincratici: lo yen, il franco svizzero, il dollaro USA, l’oro. Tuttavia, di recente, l’oro, il dollaro e il franco svizzero, per motivi diversi, hanno perso il potere di mitigare il rischio di un portafoglio ed è rimasto soltanto lo yen come forma di “hedge” a disposizione, seppure anche questo in misura depotenziata. Un esempio recente sono le elezioni italiane: il risultato del 4 marzo 2018 è stato subito chiaro (maggioranza populista unica possibile, uno spauracchio per il BTP) ma gli effetti sullo spread sono stati posticipati a fine maggio, dopo due mesi di incomprensibile noncuranza e tranquillità. Difatti non solo non c’è un modo univoco per proteggere un fondo di fronte ad un evento binario, ma una volta realizzato l’evento, la reazione del mercato spesso risulta imprevedibile. Da qui l’approccio strutturato dell’allocazione di un fondo deve rispondere a dinamiche di medio periodo le cui modifiche sostanziali devono rispondere a modifiche altrettanto sostanziali dello scenario economico di riferimento.
RF: Su quali mercati siete maggiormente esposti in questo momento?
LN: L’incerta fase dei mercati e la scarsa visibilità sullo scenario economico suggeriscono di mantenere un approccio prudente trasversalmente alle diverse asset class ed ancora estremamente tattico. Tuttavia, le attività finanziarie dei Paesi Emergenti hanno subito forti penalizzazioni per gran parte del 2018, per una molteplicità di fattori (aumento dei tassi americani, apprezzamento del dollaro, protezionismo e rallentamento della crescita globale, escalation del rischio politico). Queste, da una parte, hanno spinto le valutazioni in territorio estremo (indice valute ha toccato nuovi minimi storici), dall’altra ha costretto molte banche centrali ad aumentare i tassi per combattere l’inflazione da svalutazione delle divise, spingendo il differenziale dei tassi di interesse reali – rispetto a paesi sviluppati – ai massimi degli ultimi anni, altro fattore di grande attrattività per capitali esteri. Ciò ci porta ad esprimere una preferenza per i mercati emergenti, sia azioni sia obbligazioni, sebbene con una selettività accentuata. Le motivazioni di questa scelta risiedono sulle valutazioni particolarmente attraenti, favorite da un atteggiamento più accomodante della Federal Reserve e uno scenario di modesto deprezzamento del dollaro USA nel medio termine. Tenuto conto di questi fattori, la gestione dell’esposizione deve privilegiare un atteggiamento tattico e il posizionamento flessibile, per poter limitare gli effetti di uno scenario avverso e al contempo poter sfruttare in maniera opportunistica evidenti disallineamenti dei prezzi dei mercati rispetto ai fondamentali.
RF: Secondo le vostre analisi la discesa dell’S&P500 è giunta al termine, rientrando quindi in un semplice movimento di correzione, o siamo appena all’inizio di un mercato al ribasso?
LN: Il trend sottostante dei mercati azionari può essere interrotto solo da una fase recessiva diffusa e prolungata, argomento su cui al momento ci stiamo interrogando. I dati economici che si renderanno disponibili nell’arco dei prossimi 2-3 mesi potranno fornirci le adeguate conferme sullo scenario internazionale, per cui si tratta di attendere le conferme sulla prosecuzione di questa lunga fase di incremento economico per ritornare sul trend positivo di crescita.
RF: Quali sono le vostre previsioni sui tassi di interesse e cosa vi aspettate in particolare dai mercati obbligazionari europei?
LN: I tassi di interesse, in particolare quelli europei, hanno mostrato una correzione eccessiva reagendo ad un potenziale scenario recessivo. I tassi tedeschi sono tornati sui minimi degli ultimi anni spinti da timori generici (rischio sul commercio internazionale) e fattori specifici (retorica BCE più accomodante). Una volta superata questa fase di incertezza, i tassi di interesse dovrebbero tornare a salire verso valori più congrui con lo scenario economico di riferimento. A tal riguardo, manteniamo un’esposizione prudente sulla duration di portafoglio, in particolare per quella dei paesi Core Europe, preferendo i titoli indicizzati all’inflazione rispetto ai corrispondenti titoli a tasso fisso. Relativamente alla Periferia Europea, i titoli obbligazionari italiani stanno attraversando una fase di relativa calma con lo spread ritornato nella parte bassa del range post elezioni 2018. Tuttavia rimangono in essere i fattori di incertezza che lo scorso anno avevano riportato volatilità – la situazione politica domestica a cui si è aggiunto un peggioramento marcato della crescita – suggerendo di mantenere prudente l’esposizione ai BTP anche per i prossimi mesi.
RF: Il 2018 è stato un anno difficile per tutte le asset class: esistono ancora le correlazioni tra mercati?
LN: Spesso asset class apparentemente correlate mostrano delle divergenze inspiegabili sia per motivi micro (settori specifici o singoli titoli che guidano il listino) sia per motivi macro (politiche monetarie invadenti o scelte aggressive di politica fiscale). Negli ultimi tempi abbiamo assistito a delle intromissioni di politica economica senza precedenti: politica fiscale pro-ciclica e guerra commerciale di Trump ne sono un esempio lampante, ma anche le strategie di uscita da politiche monetarie non convenzionali stanno alterando le relazioni nei mercati finanziari e fra asset class. Le correlazioni permangono ma si presentano maggiormente instabili creando delle problematiche nei portafogli che “ex ante” fanno riferimento a correlazioni stabili o statiche. In una fase di mercato incerta come quella attuale è fondamentale implementare un’asset allocation tattica e seguire un approccio flessibile nella gestione dei portafogli.
RF: Qual è la vostra visione sul cambio Euro/Dollaro? Avete un target di potenziale arrivo?
LN: Il mercato dei cambi è storicamente quello più difficile da prevedere poiché in esso confluiscono tutti gli elementi di incertezza e di disallineamento dei fondamentali dei vari mercati. In particolare il cambio euro/dollaro potrebbe beneficiare di una nuova convergenza fra le economie USA e area Euro che rimetterebbe la valuta del vecchio continente in un sentiero di apprezzamento di medio periodo. Tuttavia, questa fase di incertezza sul ciclo globale ha evidenziato la relativa fragilità del ciclo europeo rispetto a quello americano, fornendo ulteriore spinta al dollaro. Una volta superata questa fase, l’euro dovrebbe ritornare a mostrare un moderato apprezzamento nel medio termine, fino a rispecchiare dei valori più allineati ai fondamentali economici.
Buon CircoloInvestitori.