Viviamo un momento di trasformazione economica e tecnologica: ciò che in passato richiedeva grandi quantità di lavoro umano comincia a essere gestito, e in troppi casi sostituito, da sistemi di intelligenza artificiale (IA). La relazione tra input di lavoro e output di produttività non è più lineare come lo era in epoche precedenti: la curva sta cambiando.
l grafico seguente rende visivamente questa idea.
Inizialmente progettare l’intelligenza artificiale ha richiesto molto lavoro umano, rappresentato da una linea rossa tratteggiata che parte alta ma si appiattisce, fino ad addirittura scendere dopo aver superato il punto critico.
La curva blu — quella della produttività legata all’AI — invece parte lenta, ma accelera in modo esponenziale dopo quel “punto critico”.

Contesto e perché la non-linearità
Nei modelli tradizionali, maggiore lavoro = maggiore output, più o meno in modo proporzionale. Le economie di scala, l’automazione meccanica, la standardizzazione avevano creato un’aiuto tecnologico, ma sostanzialmente la curva era quasi lineare.
Con l’avvento dell’IA — in particolare della generative AI, degli agenti software, dei sistemi di automazione cognitiva — stiamo osservando due fenomeni:
- da un lato, uno sforzo umano crescente porta ormai a rendimenti decrescenti: molte attività ripetitive o a basso valore aggiunto sono saturate;
- dall’altro, l’IA comincia a erogare vantaggi di produttività che superano la semplice proporzione con l’impegno umano, generando così la parte ascendente della curva blu.
Ad esempio, uno studio sperimentale della rivista Science ha mostrato che l’utilizzo di strumenti generativi come ChatGPT ha ridotto del 40 % il tempo medio per una certa attività di scrittura e aumentato la qualità dell’output del 18%.
Ma quanti di noi hanno provato, almeno una volta, la frustrazione nel dover interagire con un BOT?
Abituiamoci, perché oggi in molti casi esiste ancora il pulsante “Parla con un umano”, ma presto sparirà anche quello — insieme al lavoro di chi prestava servizio nei call center.
Si tratta di “lavoro a basso valore aggiunto”, si dice. Tranne quando l’esperienza, l’umanità e l’estro di chi ti ascolta risolvono davvero un problema.
Il BOT al massimo ti fornisce il link alla FAQ, che poi devi leggerti e interpretarti da solo.
Il “punto critico” tra lavoro umano e intelligenza artificiale
Nel grafico ho evidenziato un momento di svolta: il punto in cui la curva della produttività-IA sorpassa quella del lavoro umano e inizia a generare output su scala crescente, con minore incremento dell’input lavoro.
Non è un momento che possiamo datare con precisione, ma rappresenta una soglia teorica molto importante: superata quella soglia, il modello economico e del lavoro cambia forma.
Un caso concreto è di questi giorni e arriva da Amazon, che ha comunicato come, con l’adozione estesa di generative AI e agenti software, “avremo bisogno di meno persone che svolgono alcuni dei lavori di oggi”.
L’azienda ha annunciato il taglio di circa 14.000 posizioni corporate sostituiti in gran parte con l’Intelligenza Artificiale.
Conclusione
Il progresso tecnologico ha sempre avuto un impatto significativo sull’occupazione, ridisegnandone la struttura o riducendola.
Anche la prima rivoluzione industriale, inizialmente percepita come un’apocalisse, finì per ridefinire il lavoro e crearne di nuovo.
Nessuno può dire con certezza se il “punto critico” sia già stato superato — se siamo già nell’era dell’output dominato dall’IA o ancora in procinto di entrarvi.
Ma una cosa appare sempre più evidente: se le aziende licenziano non per riequilibrare i conti, ma per aumentare i profitti, quel punto critico si avvicinerà ancora di più.
Chi segue il Circolo degli Investitori con regolarità sa che già tempo fa avevo ipotizzato che, se mai dovesse arrivare una nuova crisi internazionale, la causa scatenante potrebbe essere proprio il lavoro.
Ne parlavo già ad agosto: Se le borse crolleranno sarà a causa del lavoro – Circolo degli Investitori
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