C’è una parola che gli analisti finanziari non amano sentire troppo spesso: uncertainty.
Eppure, è proprio questo il termine che ha dominato le conference call degli ultimi mesi tra i CEO e gli investitori. Secondo l’ultima analisi FactSet, nel primo trimestre 2025 ben 113 società dell’S&P 500 hanno utilizzato il termine uncertainty nelle proprie call sugli utili. Si tratta del valore più alto dal secondo trimestre del 2020, cioè dal picco pandemico.
Il dato è significativo non solo per la sua ampiezza, ma anche per la sua tendenza: è il quinto trimestre consecutivo in cui la frequenza di utilizzo di questo termine è in aumento.
Perché questo dato è importante?
Le conference call trimestrali sono momenti chiave in cui il top management aggiorna analisti e investitori su risultati e prospettive. Il linguaggio utilizzato non è mai casuale. Le parole vengono pesate. E la ripetizione di certi termini, specie quelli legati al rischio, riflette uno stato mentale collettivo: prudenza, cautela, attenzione al contesto.
Nel caso di uncertainty, il riferimento più frequente è legato a:
- Contesto macroeconomico instabile
- Evoluzione dei tassi d’interesse
- Tensioni geopolitiche
- Inflazione ancora non del tutto domata
- Possibile impatto di nuove regolamentazioni settoriali
In altre parole, non si tratta di timori isolati o episodici, ma di un quadro strutturalmente complesso, dove le variabili chiave per l’allocazione del capitale restano in parte fuori controllo.
Il confronto con il 2020
Il picco precedente di citazioni del termine uncertainty risale alla primavera 2020, nel pieno dello shock pandemico. Ma all’epoca il nemico era chiaro e condiviso: il Covid-19 e le sue ricadute su domanda, supply chain e operatività aziendale.
Oggi lo scenario è molto più frammentato: l’incertezza è diffusa, persistente e multiforme. Non si può risolvere con un vaccino o con una manovra fiscale. E questo la rende più difficile da gestire anche sul piano della comunicazione societaria.
Un segnale da non ignorare
Il dato raccolto da FactSet non implica necessariamente revisioni al ribasso degli utili o crolli imminenti dei mercati. Ma è un segnale da osservare con attenzione: quando i vertici aziendali iniziano a “parlare piano”, chi investe deve ascoltare più forte.
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