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Nella seduta odierna Alphabet – la holding di Google – sta perdendo oltre l’8% in Borsa. Una flessione significativa, soprattutto considerando che la trimestrale pubblicata pochi giorni prima era stata giudicata solida sotto il profilo dei ricavi. Ma la reazione negativa dei mercati ha poco a che vedere con il presente. Riguarda il futuro.

Titolo google 07-05-2025 Fonte Circolo degli Investitori

75 miliardi in spese capitali: il mercato teme l’effetto boomerang

Alphabet ha annunciato un piano di spesa in conto capitale da 75 miliardi di dollari per l’anno in corso, gran parte dei quali destinati all’espansione dell’infrastruttura per l’intelligenza artificiale. Un impegno massiccio, ben al di sopra dei 58 miliardi previsti dagli analisti.

La mossa, seppur strategicamente coerente, ha sollevato interrogativi: i mercati si chiedono se questi investimenti siano sostenibili nel breve termine senza impattare sulla redditività, e se i ritorni saranno all’altezza delle aspettative. La paura non è sull’AI in sé, ma sul tempo necessario per trasformarla in utile operativo.

Google Cloud rallenta la corsa

Il segmento Google Cloud, considerato uno dei pilastri del posizionamento AI di Alphabet, ha registrato una crescita del 28% su base annua. Un buon risultato, ma comunque inferiore al +35% del trimestre precedente e sotto le attese del mercato. Un segnale che ha rafforzato l’idea di una concorrenza in ascesa – in particolare Amazon AWS e Microsoft Azure – in un settore dove le quote contano più delle promesse.

Il paradosso Apple: l’AI mina la ricerca tradizionale

Un elemento ulteriore ha pesato sul titolo: le dichiarazioni rilasciate in tribunale da Eddy Cue (Apple), secondo cui l’utilizzo della ricerca su Safari è in calo per effetto dell’intelligenza artificiale. In altre parole, sempre più utenti preferiscono porre domande a modelli generativi (come ChatGPT) anziché effettuare ricerche testuali.

Un trend che, se confermato, andrebbe a intaccare direttamente il cuore del business di Google: la pubblicità legata alla search, tuttora la principale fonte di ricavi.

D’altronde ormai al giorno d’oggi chi vuole sapere come fare la pasta alla carbonara fa prima a chiederlo a Perplexity.

Regolatori, concorrenza, margini: la pressione si accumula

Sul fronte regolatorio, Alphabet è alle prese con diverse indagini antitrust. Recenti sentenze l’hanno già definita colpevole di pratiche anticoncorrenziali nella pubblicità online. Intanto, sul fronte AI emergono nuovi competitor globali, come la cinese DeepSeek, che propongono modelli avanzati a costi inferiori. In questo scenario, anche una leadership tecnologica consolidata può non bastare a rassicurare gli investitori.

Conclusione: l’AI non basta più a far salire i multipli

Alphabet resta una delle aziende più solide e profittevoli del settore tech. Ma la reazione del mercato dimostra che l’epoca della fiducia cieca nell’AI come motore automatico di crescita è finita. I capitali seguono le aspettative, e oggi – numeri alla mano – molti analisti vedono più rischi che opportunità.

Il caso Alphabet è un promemoria utile per tutti gli investitori: anche le tecnologie più promettenti devono essere sostenibili, finanziariamente e strategicamente. Altrimenti, diventano semplici voci di spesa.

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Dr. Walter Demaria Laurea in Psicoeconomia, è un giornalista - pubblicista iscritto all'Ordine dei Giornalisti di Torino. E’ tra i fondatori del Circolo degli Investitori ed è editorialista di diversi quotidiani finanziari. Insieme a Massimo Gotta ha pubblicato “Investire in obbligazioni”, che è ad oggi un best seller tra i testi che si occupano in maniera operativa dell’investimento in obbligazioni. Ha un approccio ai mercati di tipo quantitativo e ha guidato il team di sviluppo che ha creato il Trendycator. Disclaimer: L’autore Walter Demaria potrebbe detenere gli strumenti finanziari oggetto delle sue analisi. Il nostro giornale rispetta la Carta dei Doveri dell’Informazione Economica Clicca qui--> Informazioni metodo Clicca qui-->

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