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Definiamo il rischio controparte negli ETF, perché è così importante conoscerlo. Scopriremo inoltre che una volta che lo avremo conosciuto nel dettaglio è meno pericoloso di quello che si può inizialmente pensare.

Definiamo il rischio controparte


Nell’articolo “Dammi una leva e ti azzero il rendimento” abbiamo elencato le differenze tra un investimento definito “sintetico” ed uno “diretto”. Come  abbiamo visto non sempre l’uno deve essere per forza preferibile all’altro.
Nel caso di uno strumento sintetico tuttavia, si aggiunge un soggetto in
più che potenzialmente può innalzare il grado di rischiosità dello strumento
stesso. Quando un emittente intende replicare sinteticamente un sottostante dovrà acquistare da un soggetto terzo, detto “controparte”, un contratto swap. Tale controparte è ovviamente un operatore finanziario e come tale esposto a rischi. Esiste infatti, il rischio che in talune situazioni di crisi dei mercati globali
la controparte non sia in grado di far pronte agli impegni assunti. Parimenti, anche un ETF
a replica diretta potrebbe trovarsi nella situazione di dover fronteggiare il fallimento di una azienda in portafoglio, ma in tal caso, il danno sarebbe circoscritto ad una frazione del suo portafoglio e non alla sua totalità.


Come fanno gli emittenti a mitigare questo rischio?


Negli ultimi anni l’industria finanziaria è sempre più impegnata nel rendere gli
strumenti più trasparenti nei confronti degli investitori. Chiaramente, questo impegno passa anche attraverso la creazione di strumenti che non siano solamente comprensibili ma anche tentando di mitigare questo tipo di rischiosità che potenzialmente possono presentarsi in qualunque attività finanziaria e non. Esistono dunque diverse strategie che le aziende emittenti possono mettere in atto a questo scopo.
– Diversificazione. In qualunque attività il concetto di diversificazione dei fornitori è un buon mezzo per mitigare i rischi. Questo va di pari passo con la terzietà: ovvero il fatto che il soggetto fornitore deve essere totalmente slegato finanziariamente dal soggetto emittente l’ETF.
– Reset del rischio derivati.  Ormai da diversi anni le primarie case di gestione
adottano ribilanciamenti giornalieri volti ad annullare il rischio del collaterale.
Ogni giorno l’esposizione verso la controparte del derivato, se positiva,
viene riportata a circa 0% del patrimonio mediante il “reset” dello swap. Al
contrario se l’esposizione verso la controparte del derivato è negativa per il
l’ETF, allora non è necessario il “reset” dello swap in quanto, in tale caso, l’ETF non è esposto ad alcun rischio di controparte dato che il valore dei titoli nel patrimonio dell’ETF è maggiore del patrimonio dell’ETF.
-Trasparenza. Gli emittenti principali generalmente forniscono sui loro siti i
dettagli relativi alle attività sottostanti.
In particolare:
1) Elenco dei titoli in cui è
investito l’ETF;
2) Peso % del derivato;
3) Controparte del derivato.


Qual’è dunque meglio scegliere?


Alla fine di questa lunga disamina sui pro e i contro di ogni soluzione, non ci sentiamo nella posizione di poter definire draconianamente se sia meglio l’uno o l’altro. Come sempre, dipende dalle scelte personali dell’investitore.
Abbiamo visto come nel caso di ETC sia probabilmente preferibile una replica fisica, mentre nel caso di indici questa preferenza viene meno. Poi c’è la questione costi. Insomma, grazie a questa pratica guida, i lettori di RendimentoFondi hanno qualche arma in più per analizzare gli strumenti che il mercato mette loro a disposizione.

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Dr. Walter Demaria Laurea in Psicoeconomia, è uno dei più noti consulenti finanziari italiani. E’ tra i fondatori di Rendimento Fondi ed è editorialista di diversi quotidiani finanziari. Insieme a Massimo Gotta ha pubblicato “Investire in obbligazioni”, Trading Library, 2013, che è ad oggi un best seller tra i testi che si occupano in maniera operativa dell’investimento in obbligazioni. Ha un approccio ai mercati di tipo quantitativo e ha ideato il modello Trendycator che applica quotidianamente nella sua professione.

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