Quando si parla di obbligazioni, sai esattamente quali sono i tre rischi principali legati a questo mercato? Conosci il modo per misurarli e renderli il più possibile sotto controllo? Li analizziamo in questo articolo.
Impariamo a conoscere i principali rischi del mercato obbligazionario e come gestirli per non esserne in balia. Sono rischi fisiologici e non sono mai totalmente eliminabili, ma se ben compresi possono essere ridotti ai minimi termini.
Sono fondamentalmente tre i rischi del mercato obbligazionario: il rischio emittente (Credit Risk), il rischio tasso e il rischio mercato. Vediamoli uno per uno.
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Rischio emittente
E’ il rischio di fallimento dello Stato, azienda o agenzia di cui si è detentori di uno o più bond in portafoglio.
Questo è il rischio di gran lunga maggiore e peggiore che caratterizza un investimento in obbligazioni, perché significa dire addio al capitale investito.
Se frequenti i mercati da tempo certamente i crack dei bond Cirio, Parmalat, Argentina e Lehman Brothers, ti dicono qualcosa.
L’unica possibilità per mitigare questo rischio è quella di effettuare una scrupolosa scelta e diversificazione degli emittenti che inseriamo in portafoglio.
Il rischio emittente ci mette di fronte ad un possibile evento che sfugge a qualunque tipo di previsione, e per questo più insidioso. La buona notizia è che ci sono diversi indicatori che possono aiutarci a valutare l’affidabilità di un emittente. La cattiva notizia è che non tutti gli indicatori di affidabilità sono utili o facilmente reperibili per il retail, e pertanto è necessario attrezzarsi un minimo.
Un primo indicatore che certamente conosci è il rating, misura del merito di credito di un emittente rilasciato da apposite agenzie. Tanto migliore è il rating assegnato, tanto più affidabile è considerato l’emittente. Il problema è che le agenzie di rating sono spesso finite nella bufera per errori di valutazione o tempistiche sospette nel rilascio dei giudizi. Le principali agenzie di rating sono tre e sono Moody’s, Standard & Poor’s e Fitch.
Una diversa possibilità per valutare l’affidabilità di un emittente è guardare il suo livello dei CDS, cioè i Credit Default Swap che altro non sono che polizze di assicurazione che gli investitori istituzionali stipulano per assicurarsi in caso di fallimento di uno o più emittenti su cui sono investiti.
I CDS esprimono il rendimento aggiuntivo espresso in bps richiesto dal mercato per compensare il rischio dell’emittente, rispetto alla curva considerata free risk a parità di scadenza. Sono quindi una vera e propria misura del rischio ed è chiaro che valori di CDS via via crescenti denotano un peggioramento del merito di credito.
Una delle critiche che viene mossa ai CDS è che essendo trattati su una piazza non regolamentata, sono facilmente manipolabili ad uso e consumo degli investitori istituzionali. Questo è vero e va tenuto in considerazione, però sono sempre valori negoziati che esprimono le aspettative degli investitori professionali nel loro complesso.
Purtroppo, i CDS non sono sempre facilmente reperibili dai piccoli investitori, ma in rete ci sono diversi siti e forum finanziari ove la collaborazione tra gli utenti rende disponibili i CDS per i maggiori emittenti.
Rischio tasso
Un altro rischio caratteristico delle obbligazioni è il “rischio tasso”, cioè il rischio legato alle variazioni dei tassi di interesse a breve termine, decise dalla politica monetaria delle Banche Centrali. Una variazione dei tassi d’interesse provoca una variazione del prezzo delle obbligazioni più o meno accentuata in base alle caratteristiche di ogni tipologia di bond.
Questo avviene perché la relazione che lega il prezzo delle obbligazioni al variare dei tassi è una relazione di tipo inverso, cioè all’aumentare dei tassi d’interesse il prezzo delle obbligazioni tende a scendere oppure a salire al diminuire dei tassi.
Un esempio può aiutarci a chiarire meglio la relazione matematica. Abbiamo comprato un’obbligazione con scadenza tra due anni, al prezzo di 100 per un rendimento a scadenza pari al 3,25% su base annua. Il tasso d’interesse di mercato per le scadenze a due anni era ed è ancora del 3,25%. Per cui la nostra obbligazione ci sta offrendo un livello di rendimento pari a quello di mercato. Il tasso d’interesse di mercato sale al 3,50% e la nostra obbligazione se rimanesse a 100 renderebbe sempre il 3,25% su base annua, cioè meno del mercato e quindi nessuno sarebbe disposto a comprarla a quel prezzo. Quindi il suo prezzo deve scendere perché il suo rendimento si deve allineare a quanto offerto ora dal mercato.
La sensibilità del prezzo al variare dei tassi d’interesse è direttamente proporzionale alla durata dell’obbligazione, per cui bond con scadenze più lunghe avranno un rischio tasso maggiore mentre bond con durate più brevi avranno un rischio tasso inferiore.
Ecco spiegato il motivo per cui è fondamentale avere un portafoglio di obbligazioni diversificato e ben bilanciato anche in termini di scadenze. Così come è ovviamente fondamentale costruire e movimentare il portafoglio in base alle aspettative sui tassi, cercando quindi di minimizzare il rischio tasso.
Rischio mercato
Il terzo rischio è il “rischio mercato”, cioè il rischio legato alla liquidità di un bond. Sembra strano parlare di questo rischio per il mercato obbligazionario ma anche qui sono abbastanza numerosi i titoli illiquidi. Un titolo è illiquido quando si registrano pochissimi scambi nell’arco della giornata e con spread denaro/lettera molto ampi. Abbiamo parlato dell’importanza della liquidità dei titoli nella nostra Masterclass gratuita alla lezione 13, che vi invito a guardare se ancora non l’avete fatto.
La liquidità di un’obbligazione dipende in prima istanza dall’ammontare emesso e dall’ammontare in circolazione. Nel caso di emissioni piccole, di norma inferiori ai 250 milioni di euro, è molto probabile che si presenti il problema della scarsa liquidità durante le negoziazioni. Al crescere dell’ammontare emesso il problema della liquidità si ridimensiona fin quasi a scomparire per le emissioni di diversi milioni di euro.
In caso di sottoscrizione al collocamento di un’obbligazione inoltre è bene verificare che sia chiaramente specificato dall’emittente il mercato secondario in cui sarà negoziato il titolo a fine collocamento.
Infine, il modo migliore per ridurre ai minimi termini il “rischio mercato” è quello di negoziare preferibilmente obbligazioni con un buon volume di emissione e compatibili con il proprio orizzonte temporale, in modo da non dover essere costretti a vendere prima della scadenza.
Da questa panoramica sui principali rischi delle obbligazioni è chiaro che il peggiore è il rischio emittente, perché è quasi imponderabile, mentre gli altri due abbiamo visto che sono più gestibili.