Da qualche settimana risparmiatori e investitori si stanno domandando come investire sulle obbligazioni nei prossimi mesi, anche alla luce del possibile cambio di impostazione della politica monetaria della Fed. In questo articolo vediamo una strategia che può essere considerabile, forti del fatto che con gli strumenti adeguati è possibile valutare le obbligazioni come i professionisti.
Professionisti che, come sappiamo, si sono già messi i movimento sui mercati del reddito fisso e che è bene tenere d’occhio e seguire perché sono loro che muovono i mercati. Se oltre alle analisi e agli spunti operativi che proponiamo in questo articolo sei interessato ad approfondire la conoscenza dell’investimento obbligazionario ed entrare a far parte dell’1% dei risparmiatori che sa investire in obbligazioni come gli investitori istituzionali dai un’occhiata al nostro BondMastery.
Le prossime mosse delle Banche Centrali
Sono diverse le evidenze che potrebbero indicare un cambio di rotta per le politiche monetarie delle Banche Centrali, che a cascata darebbero nuovi impulsi ai mercati obbligazionari.
Per cui è chiaro che e prossime riunioni dei board di Fed e Bce sono gli eventi più attesi di questa primavera e tutti i grandi investitori hanno occhi e orecchie puntati su Powell e Lagarde.
Sia per Fed sia per Bce, ad oggi le attese sono per un ulteriore rialzo dei tassi per altri 25 basis points. Per la Fed si tratterà del decimo aumento dei tassi d’interesse consecutivo, che porterà il costo del denaro negli Usa al 5,25%, che tra l’latro rappresenta il valore più alto degli ultimi sedici anni. Per la Bce si tratterà del settimo aumento dei tassi consecutivo, che porterà il costo del denaro in Europa al 3,75%.
Dopo di che, la stretta monetaria potrebbe essere sospesa. In realtà su alcuna stampa specializzata si preventiva addirittura che la politica monetaria restrittiva possa lasciare spazio ad un taglio dei tassi, visto sempre più probabile nei prossimi mesi.
Quest’ultima ipotesi al momento non ci convince: l’inflazione rallenta ma è ancora persistente e, soprattutto in Europa, preoccupa non poco l’aumento della componente “core”. Poi è vero che gli States sono già molto più avanti dell’Europa in merito al ciclo di rialzo dei tassi, e quindi uno stop al 5,25% ci sta tutto, ma da qui a dire che i tassi saranno tagliati…
Bilanci in sofferenza
Però il rialzo dei tassi sta procurando dei grattacapi alle Banche Centrali, le quali non sono del tutto immuni alle perdite dei titoli iscritti a bilancio. Facciamo un passo indietro e mettiamo le cose in fila per chiarirci le idee.
La necessità di contrastare l’inflazione ha avuto un impatto non indifferente sul controvalore in conto capitale degli asset finanziari di banche, fondi e assicurazioni. E infatti, negli Usa sono fallite due banche per effetto delle perdite accuse sui portafogli d’investimento, mentre una terza è stata salvata in extremis dall’azione congiunta del governo, della Fed e del sistema bancario.
Inoltre, da settimane sulla stampa specializzata si trova una profusione di articoli che evidenziano quanto banche e assicurazioni stiano soffrendo a causa dell’aumento dei tassi d’interesse. Però, si parla molto poco di quanto siano stati colpiti i bilanci delle stesse Banche Centrali.
Non possiamo dimenticare, infatti, che dal 2008 in poi, dopo il fallimento di Lehman Brothers, la Fed ha iniziato ad acquistare titoli di stato americani e obbligazioni coperte da garanzia ipotecaria per un controvalore totale oggi stimato in 7.770 miliardi di dollari.
L’impatto sulle obbligazioni
Come ben sa chi è pratico di investimenti nel reddito fisso, l’aumento dei tassi d’interesse fa scendere il valore di mercato dei bond, cioè rende tangibile il rischio tasso, uno dei rischi tipici dei mercati obbligazionari. Rischio da non sottovalutare e che è facilmente calcolabile e gestibile e che è uno degli argomenti del nostro corso di alta formazione BondMastery.
Ora, si stima che ad oggi la Fed accusi una perdita teorica di oltre 1.080 miliardi. Teorica perché, se queste obbligazioni sono portate a scadenza, non infliggono alcuna passività all’Istituto. Ma non è tanto questo il punto.
Piuttosto, il potenziale problema per le Banche Centrali sta più a livello di reputazione e solidità (percepita oltre che reale) della valuta che la rappresenta. Infatti, una Banca Centrale può anche permettersi di andare in perdita o addirittura veder scendere sotto lo zero il proprio patrimonio netto, come per altro affermato Christine Lagarde.
Per la conferma basta guardare alla Banca Nazionale Svizzera, la quale negli anni passati ha finanziato i cantoni e il governo confederale a piene mani, chiudendo il 2022 con il bilancio pesantemente in rosso. Per cui, se il bilancio di una Banca Centrale va in sofferenza il suo funzionamento sarebbe comunque garantito dalle proprie stamperie di moneta.
Soluzione facile, pericolo estremo
Messa così, la soluzione è tutto sommato semplice ma è di una pericolosità assoluta. Sostenibile nel breve termine ma esplosiva sul medio lungo termine. Infatti, ad un certo punto il mercato, inevitabilmente, dubiterebbe della forza della moneta che viene stampata a profusione.
A maggior ragione ora che diverse Banche Centrali hanno ripreso ad accumulare riserve di oro, che sappiamo da sempre rappresenta il collaterale fisico della moneta stampata, facendo in modo che non sia carta straccia…
E le crescenti tensioni tra Occidente e blocco Cina-Russia (con la Cina che sta aumentando le riserve di oro in modo costante e consistente) devono far riflettere. Fed, Bce e BoA non possono e non devono trascurare le ripercussioni devastanti dovute alla perdita di status di valute forti per dollaro, euro e sterlina.
Ecco, quindi, che uno stop al rialzo dei tassi, almeno negli Usa, per la seconda parte del 2023 può essere sensato, sperando che l’inflazione non rialzi la testa e anzi che inizi a scendere con una certa consistenza.
Analisi ZC-Yield Curve
La lettura della ZC-Yield Curve mostra una risalita dei rendimenti su tutto il tratto della curva rispetto a qualche settimana fa. Infatti, rispetto alla scorsa lettura il rendimento della scadenza a 10 anni sale in area 3,02% rispetto al 2,89% precedente, mentre la scadenza trentennale si porta ora in area 2,50% rispetto al 2,29% precedente.
Sempre immutata la conformazione della curva, che rimane invertita e con il differenziale 10Y-2Y che torna ad allargarsi, passando agli attuali -50 bps dai precedenti -32 bps. In salita anche il tratto a breve, con la curva che evidenzia ora un massimo di rendimento sulle scadenze di inizio 2024 in area 3,80% rispetto al 3,60% della scorsa analisi.
Tornano a salire anche le previsioni per i tassi forward su Euribor 6 mesi: la curva rimane impennata sulla parte a breve e vede ora tassi verso un massimo nuovamente in area 4,00% per inizio 2024 rispetto alla precedente lettura al 3,80%, per poi scendere verso il 3,00% solo per la seconda metà del 2025.
Analisi Trendycator
Osservando le curve dei rendimenti dei principali benchmark decennali si nota la ripresa al rialzo dei rendimenti.
L’area UK vede ora il rendimento per il Gilt in area 3,50% in salita dal precedente 3,37% e con Trendycator stabile in stato NEUTRAL.
In salita anche i rendimenti del Bund, che si porta ora in area 2,37% rispetto al precedente 2, 2,18% e con Trendycator che per ora resta ancora in stato LONG.
Salgono anche i rendimenti del nostro Btp decennale, ora in area 4,22% rispetto al precedente 4,05%, con uno spread sostanzialmente stabile in area 180 bps e Trendycator ancora LONG.
Infine, l’area USA con i rendimenti del Treasury decennale che salgono in area 3,45% rispetto al precedente 3,45% e con Trendycator che conferma per ora il cambio di stato a NEUTRAL.
Investire in obbligazioni: una strategia per i prossimi mesi
Non possiamo ancora sbilanciarci più di tanto nel prendere posizioni importanti sulle obbligazioni, a maggior ragione sull’area euro, che è più indietro rispetto agli Usa in tema di ciclo di rialzo dei tassi. Meglio quindi essere prudenti sull’allungare le scadenza per quote rilevanti del proprio portafoglio obbligazionario, finché non avremo maggior confidenza con la dinamica delle politiche monetarie.
Per cui, per chi è sufficientemente capitalizzato e liquido, è ragionevole iniziare un piano di accumulo su titoli a lunga scadenza, sfruttando anche la strategia di puntare ad un rendimento immediato interessante.
È una strategia piutosto semplice nella sua attuazione, ma va messa in atto avendo cura di avere ben chiaro il rischio tasso a cui ci si espone e sopratutto come calcolarlo e gestirlo. Senza dimenticare una corretta valutazione del rischio emittente.
In estrema sintesi, si tratta di individuare quelle obbligazioni che quotano più o meno ampiamente sotto la pari, in modo investire un controvalore in conto capitale inferiore al valore nominale su cui verrà calcolata e pagata la cedola. Ne consegue che a puro titolo di esempio, se acquisto un’obbligazione che quota 50 e paga una cedola del 2% lordo, il mio rendimento immediato sarà del 4% perché avrò speso solo 500 euro a fronte di un valore nominale di 1.000 euro.
Vista la sostanziale stabilità dello spread Btp/Bund, può valer la pena prendere in considerazione alcune emissioni del nostro debito governativo, più generose a parità di scadenza rispetto ad altri titoli europei. Nella tabella che segue mettiamo in evidenza tre Btp con scadenze oltre i 25 anni che offrono sia un interessante rendimento a scadenza sia un interessante rendimento immediato sulla cedola.
Per tutte e tre le emissioni il rischio tasso non è del tutto trascurabile, ma sopportabile in ottica di medio termine e quantificabile (in via approssimata viste le lunghe scadenze) in una discesa di prezzo intorno al -5% per aumenti dei tassi di 25 basis points.