E’ ormai prossimo il collocamento del nuovo Btp Futura, e quindi è lecito domandarsi se sarà conveniente sottoscriverlo o meno. Ma prima non possiamo non affrontare il discorso a livello generale, visti gli ultimi movimenti dei mercati obbligazionari.
Infatti, gli ultimi dati sull’inflazione iniziano a preoccupare seriamente i mercati, e i timori che la BCE possa cambiare repentinamente strategia si fanno sempre più concrete.
Analisi dei mercati obbligazionari
Nelle ultime sedute di ottobre i mercati obbligazionari hanno corretto con una certa determinazione e il calo è stato particolarmente brusco sui Btp legati all’inflazione, e per capire cosa può significare questo movimento dobbiamo fare un passo indietro a giovedì 28 ottobre, giorno della penultima riunione della BCE per questo 2021.
La riunione non ha portato grosse novità, anzi, l’esito era abbastanza scontato, con la Banca Centrale che ha lasciato invariati gli stimoli monetari e i tassi d’interesse. Ma nonostante questo, i mercati obbligazionari hanno reagito male.
Infatti, il dato che ha scombinato le carte in tavola, è stato quello sull’inflazione, con Germania e Spagna che hanno comunicato rispettivamente un +4,6% e un +5,5%, mentre a livello europeo Eurostat ha comunicato un tasso di inflazione per l’Eurozona al 4,1%. E quindi il mercato obbligazionario intravede un serio rischio di dietrofront nella politica monetaria.
Con questi numeri la BCE sarebbe costretta ad intervenire nel board di dicembre, riducendo in modo consistente gli stimoli monetari se non addirittura iniziando ad alzare i tassi d’interesse.
Lo spettro della stagflazione
Come se non bastasse, all’orizzonte si sta delineando un rischio stagflazione per l’Europa, che per l’Italia sarebbe lo scenario peggiore possibile, dato il nostro elevatissimo debito pubblico.
Come sappiamo, la stagflazione è una miscela micidiale: infatti è una situazione in cui l’economia soffre sia per un elevato tasso di inflazione sia per un bassissimo o nullo tasso di crescita. Senza crescita il PIL non crea sufficiente ricchezza con cui ripagare parte del debito; se i tassi salgono a causa dell’inflazione il debito continuerà a crescere e costerà sempre di più.
Ecco quindi spiegato anche perché, nei giorni scorsi lo spread che da tempo sonnecchiava pacificamente si è ridestato riportandosi ben oltre i 100 punti base, nonostante il momento di grazia che stiamo vivendo con Draghi a capo del governo. Naturalmente ne ha risentito in particolare il nostro titolo benchmark decennale che viaggia ora sopra l’1% di rendimento per la prima volta da maggio scorso.
Che succede ai Btp indicizzati all’inflazione?
A questo punto, una domanda potrebbe sorgere spontanea: come si spiega che i Btp legati all’inflazione scendano nonostante le previsioni di elevata inflazione? Innanzitutto, non va dimenticato che si tratta pur sempre di obbligazioni soggette al rischio tasso, per cui è normale che i rendimenti nominali debbano in qualche modo allinearsi al resto del mercato.
In merito al rischio tasso in particolare e in merito ai rischi delle obbligazioni in generale abbiamo realizzato un video molto approfondito di cui consigliamo la visione a questo link.
Cerchiamo di capire meglio, e guardiamo al differenziale di rendimento, a parità di scadenza, tra i Btp indicizzati all’inflazione italiana e quelli ordinari. Il differenziale è rimasto stabile e poiché la sua funzione è quella di captare le aspettative d’inflazione, è plausibile che il deprezzamento dei Btp Italia non sia dovuto a particolari variazioni nelle previsioni del mercato circa le attese di inflazione in Italia, ma piuttosto che la discesa abbia seguito linearmente il calo accusato dai bond ordinari.
Diverso invece il caso dei Btp indicizzati all’inflazione europea, il cui differenziale di rendimento rispetto ai bond ordinari di pari scadenza è aumentato di oltre 10 bps. In teoria questo significa che le aspettative d’inflazione per l’Eurozona potrebbero essere in fase di surriscaldamento. Non a caso, da alcune stime preliminari, queste risulterebbero in media mezzo punto percentuale all’anno più alte per i prossimi 5 anni rispetto all’Italia.
Il nuovo Btp Futura
E’ ormai imminente la comunicazione da parte del Tesoro del piano cedolare del nuovo Btp Futura in collocamento dall’8 al 12 novembre prossimi. Finché non sarà noto il rendimento a scadenza non è possibile esprimere particolari valutazioni in merito alla convenienza o meno a sottoscriverlo, ma alcune ipotesi sull’entità della cedola si possono fare.
Come noto, la struttura del Btp Futura prevede un piano cedolare step-up, cioè con cedole crescenti nel corso della vita del titolo, per cui una volta resi noti gli step sarà possibile calcolare la cedola media e stimare quindi il rendimento a scadenza.
Anche sulle varie tipologie di obbligazioni abbiamo realizzato qualche tempo fa un video di cui suggeriamo la visione a questo link.
Stando alle ultime dinamiche osservate sul mercato, è possibile che la cedola media del nuovo Btp Futura sarà più alta di quanto ipotizzato non molti giorni fa. Il nuovo Btp Futura avrà scadenza a 12 anni e riconoscerà sempre un doppio premio fedeltà.
Per fare una stima prendiamo a riferimento il rendimento del Btp tasso fisso con scadenza 2033. Poiché il Btp Futura sarà collocato alla pari, cioè a 100, il suo rendimento sarà di fatto corrispondente alla cedola media.
Nelle scorse sedute, quando il BTp 2033 è passato da un rendimento dell’1,03% all’1,18%, gli osservatori stimavano per il nuovo Btp Futura una cedola media ponderata a premio di circa 10 punti base, cioè in area 1,30%.
Da due giorni i nostri Btp stanno rimbalzando, ma tenendo buoni i dati di inizio settimana e considerando l’emissione alla pari e i livelli minimi e massimi dei premi fedeltà (che ricordiamo sono pari allo 0,4% minimo o 1,2% massimo per i primi otto anni e per lo 0,6% minimo o 1,8% massimo più un ulteriore 1% minimo o 3% massimo alla scadenza), il rendimento finale del nuovo Btp Futura potrebbe attestarsi tra l’1,46% e l’1,80%.
Rendimenti interessanti, a queste condizioni di mercato, ma pur sempre ampiamente sotto i livelli d’inflazione in termini reali, senza contare il non trascurabile rischio tasso per una scadenza a 12 anni.
Analisi Integrata Trendycator
Osservando invece a livello di analisi integrata le curve dei rendimenti dei principali benchmark decennali secondo il modello Trendycator, si vede bene come sia proseguita la fase di rialzo dei rendimenti, schizzati tutti verso l’alto in direzione dei massimi precedenti o addirittura sopra in un paio di casi.

In particolare, l’area UK, che dopo aver rotto con forza l’area tra 0,80% e 0,90% è volata all’1,20% di rendimento, con Trendycator ora confermato su LONG dopo la fase NEUTRAL dell’estate. Qui però la situazione è in divenire, poiché le ottime notizie a livello macro che riguardano il regno unito hanno messo le ali al GILT facendo ridimensionare i rendimenti sino in area 1% nell’ultima settimana. Di fatto, i numeri comunicati dal ministro delle finanze britannico sono nettamente migliori delle attese per i prossimi anni, con emissioni di debito pubblico in netto ridimensionamento grazie ad entrate migliori del previsto e con prospettive di crescita al 2026 superiori del 4% rispetto alle stime precedenti.
Stessa dinamica per il BUND, che dai minimi di periodo toccati in estate in area -0,50% ha visto il suo rendimento schizzare al rialzo per portarsi ora in prossimità di area -0,10%, seppur con modello Trendycator ancora in stato NEUTRAL.
Come visto, crescono anche i rendimenti del nostro Btp, ora nuovamente oltre area 1% come a maggio scorso, con Trendycator che segnala un cambio di stato portandosi su LONG, cosa che va monitorata con grande attenzione.
Infine, anche l’area USA segue gli stessi sviluppi, con i rendimenti che dai minimi in area 1,20% si sono riportati ora all’1,56% con un picco addirittura in area 1,70% e con Trendycator ancora confermato a NEUTRAL.
Analisi cambio EUR/USD
In chiusura di questo articolo dedicato ai mercati obbligazionari, facciamo un’analisi del cambio EUR/USD, sempre molto utile per destreggiarsi su potenziali investimenti in valuta per diversificare il portafoglio obbligazionario.
Intanto possiamo osservare dal grafico come sia il modello Trendycator sia il Trendycator Oscillator abbiano colto il movimento di rafforzamento del dollaro già a inizio luglio, segnalando lo stato SHORT quando il cambio EUR/USD era ancora in area 1,18-1,19.

Il movimento ha preso forza dopo la rottura del supporto in area 1,17 e come era lecito attendersi siamo ora a contatto con l’importantissimo livello di 1,15. Tale livello potrebbe arginare la forza del dollaro per qualche tempo, visto che rappresenta un livello di enorme importanza, spartiacque di lungo periodo per gli equilibri del cambio EUR/USD dal 2015 sino al 2017 e poi nuovamente dal 2019 a 2020 inoltrato.
Al momento è comunque evidente che l’impostazione resta decisamente favorevole ad un proseguimento del rafforzamento del dollaro contro euro, al netto di reazioni anche violente di rimbalzo da 1,15 sino a 1,19 anche se per ora questo non è accaduto. L’impostazione non cambierebbe nemmeno su ritorni fugaci e temporanei in area 1,20 altro importantissimo livello che ha segnato le sorti del cambio nel corso del tempo.
Resta poi fermo il fatto che sino a che il modello Trendycator non darà indicazioni di cambio di stato, o il Trendycator Oscillator non dia evidenze di divergenza rispetto ai prezzi, l’eventuale movimento di rimbalzo verso 1,19/1,20 dovrà essere considerato come reazione tecnica che pregiudica il trend principale.
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